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La partita del cambiamento che rischiamo di perdere

Fino a poche generazioni fa il mutamento era lento e non imponeva – tranne che per eventi straordinari come guerre o catastrofi naturali – riaggiustamenti rilevanti. I punti di riferimento erano stabili e la vita era breve. Ora viviamo molto più a lungo e tutto attorno a noi è in rapida e continua evoluzione.

Uscire dalla crisi non basta se rimaniamo una società tribale

Il presidente della Regione Lombardia ha certamente avuto il merito di mettere sul piatto un tema che “spacca”, non solo all’interno del proprio partito. Reazioni negative e aperture sull’introduzione del reddito di cittadinanza hanno sparigliato le strette logiche di appartenenza politica accomunando Salvini con una parte ampia del sindacato, da un lato, e Grillo con illustri esponenti del centrosinistra, dall’altro. Le idee dovrebbero contare più delle ideologie. Bene ha fatto quindi chi non ha risposto con una chiusura pregiudiziale. Siamo però anche abituati ad annunci che non si traducono in azioni concrete.

Il vero successo di Expo lo decideranno i bambini

Chissà se con Expo riusciremo a ritrovare un po’ di orgoglio italiano. L’orgoglio che deriva dalla consapevolezza di vivere in un contesto unico e possedere doti non facilmente imitabili. Al contrario di altri popoli, siamo molto bravi a riconoscere e a sottolineare i nostri limiti, ma molto meno a valorizzare quello che di buono abbiamo e siamo. Non si tratta di nascondere i difetti ma di dare il giusto riconoscimento e incoraggiamento agli aspetti positivi e di metterli nella luce giusta.

Condivisa o verde l’energia del futuro

L’evento più atteso e discusso degli ultimi anni sta per iniziare. Secondo Giuseppe Sala, commissario unico di Expo 2015, il primo maggio troveremo tutti i padiglioni pronti. Se non fosse così sarebbe spiacevole ma non grave. Più che l’inizio conterà la fine. Sarebbe forse saggio e utile, allora, sospendere per sei mesi critiche e polemiche per soffiare tutti nella stessa direzione. Il primo novembre poi si potranno tirare le somme e le critiche in quel caso saranno utili per capire cosa ha funzionato e cosa no, per valutare come migliorare la progettazione e la realizzazione di eventi futuri.

La sfida è una città che si apra al futuro

Il titolo del libro appena pubblicato da Giuliano Pisapia, “Milano città aperta” – al di là dei sassolini da togliere – offre una chiave di lettura dell’impronta che il sindaco ha voluto lasciare con la sua amministrazione. Il desiderio, indicato esplicitamente nel testo, è essere ricordato come protagonista di una stagione di cambiamento. In effetti, nel primo decennio del XXI secolo la città è apparsa oscillare tra la propensione ad aprirsi e sfidare i cambiamenti, da un lato, e la resistenza verso il nuovo e la tentazione a chiudersi in difesa, dall’altro. La crisi ha agito spingendo più verso il secondo dei poli, mentre – quanto meno nelle intenzioni – la giunta Pisapia ha cercato di indirizzare le energie della società a favore del primo. Oggi la città sembra in effetti più “aperta” rispetto a cinque anni fa e il fatto che il sindaco abbia posto con enfasi tale termine nel titolo del libro – pur nelle varie accezioni che si possono attribuire – fa pensare che lo consideri un risultato acquisito o, in ogni caso, senta di aver messo in moto un irreversibile processo in tale direzione.