Tagged: società

Quel gap da colmare tra il desiderio e la realtà

 

Cosa possiamo augurarci di riuscire a far meglio nell’Italia del 2017 rispetto agli anni precedenti? Tra i vari fronti sui quali abbiamo perso terreno – non solo rispetto al resto del mondo sviluppato ma ancor più nei confronti di ciò che vorremmo e potremmo essere – quello a cui rivolgere il nostro miglior impiego di mezzi e risorse è forse l’ampio divario che si è creato tra desiderio e realtà nelle vite dei giovani. Gli ostacoli che incontrano le nuove generazioni nel realizzare i propri progetti personali e lavorativi vanno, infatti, considerati allo stesso tempo conseguenza e causa dell’indebolimento dei processi di crescita e cambiamento del paese.

Vecchi contro giovani

Nel 2017 la popolazione del mondo sarà un po’ più anziana rispetto al 2016 e molto più invecchiata rispetto al secolo precedente. L’Italia è, come ben noto, uno dei Paesi più squilibrati dal punto di vista demografico. In particolare, i ventenni italiani risultano nettamente di meno non solo dei cinquantenni, ma anche dei sessantenni e sono destinati a scendere sotto anche ai settantenni. Sempre di più, quindi, nelle decisioni collettive si farà sentire il peso dei più anziani – non più pochi come in passato e non necessariamente saggi – mentre sempre più debole sarà la spinta quantitativa dei giovani.

Creativi, intraprendenti e cooperativi: così i giovani si guadagnano il lavoro

SE VOGLIAMO uscire dal quadro pessimistico dipinto nell’ultimo Rapporto Censis dobbiamo prima di tutto decidere se i giovani li consideriamo figli da proteggere con i risparmi privati dei genitori o membri delle nuove generazioni su cui investire come Paese, con generosità e intelligenza, per tornare a crescere.

Nel welfare la carenza di risorse non è affatto un alibi. Bisogna organizzarsi

Senza evocare profezie su conflitti tra generazioni, fare welfare in carenza di risorse richiede alcune scelte. La prima possibilità è quella di restituire ai singoli le proprie responsabilità, arretrando le protezioni sociali offerte nel secolo del progresso. In questa direzione sembra muoversi il Giappone, dove si sta immaginando la fine delle pensioni di vecchiaia e si chiede ai giovani di concentrare i propri studi universitari su scienza, tecnologia e matematica, ma anche l’Inghilterra, che consente ai pensionandi di ritirare i propri contributi previdenziali per farne l’uso che ritengono più utile. Che cosa accadrà se di questi contributi viene fatto un cattivo uso, o per dirla più semplicemente, se ci saranno molte persone che sopravvivranno al proprio reddito?

Ripensare città inclusive per i giovani

LE CITTA’ nel XXI secolo continueranno ad essere centro di sviluppo e innovazione, ancor più che nei secoli passati, ma lo faranno verosimilmente in modo diverso. Come vanno, allora, letti i dati rielaborati da McKinesy sul rallentamento della popolazione urbana? Proviamo a rispondere in quattro punti più una premessa.

Va innanzitutto ricordato che questo secolo è il primo nella storia in cui è più comune vivere nelle città che altrove. Inoltre, sulla ricchezza globale, la parte prodotta nelle metropoli continuerà a crescere. Fatta questa premessa, un primo punto da mettere in rilievo è che la popolazione mondiale ha smesso di correre al ritmo osservato nel XX secolo. Continueranno a crescere in modo esuberante ampie parti dell’Africa e alcuni paesi dell’Asia, ma molto meno il resto del mondo e ancor meno l’Europa. Questo, ovviamente, ha ricadute anche sulla demografia delle città, ma non necessariamente sul loro peso relativo entro i vari paesi.

Secondo punto: il successo dei sistemi urbani dei prossimi decenni dipenderà molto più dalla qualità che dalla quantità, nella direzione aperta dalle smart cities. Terzo punto: le grandi città di questo secolo insistono su un sistema molto più ampio rispetto ai confini amministrativi. L’idea stessa di abitanti va ripensata: oltre allo stock di residenti acquisiscono sempre più importanza i flussi, ovvero il contributo di chi partecipa temporaneamente o a distanza ai processi della città. Ad esempio, la fascia d’età tra i 15 e i 25 anni è quella demograficamente meno consistente a Milano, ma diventa la più rilevante se si includono come parte attiva gli studenti non residenti.

Quarto: rispondere al ”degiovanimento” che indebolisce la crescita propulsiva delle città, è possibile attivando e alimentando circoli virtuosi di innovazione e inclusione che mettono al centro le nuove generazioni. Le metropoli che ci riusciranno diventeranno i veri motori di sviluppo dei prossimi decenni