Finalmente siamo arrivati alla fine di una campagna elettorale che ha avuto spunti interessanti ma non ha entusiasmato. I due principali candidati sono stati percepiti come molto simili. I temi toccati non hanno saputo suscitare forte interesse. Non si sono create le condizioni per mobilitare una diffusa e vivace partecipazione dal basso. Il quadro politico era, in ogni caso, molto diverso rispetto a cinque anni fa. Allora al governo nazionale c’era Silvio Berlusconi e il paese viveva una fase di grande incertezza nel bel mezzo di una crisi economica e di fiducia. Un clima che aiutò il centrosinistra ad accendersi sul voto, contro un centrodestra opaco. In queste amministrative, invece, una parte dell’elettorato di sinistra si trova in difficoltà a votare un Sala pro Renzi con la stessa convinzione con cui votò un Pisapia contro Berlusconi. Il voto dell’insoddisfazione, come ben noto, mobilita molto più rispetto alla conferma.
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Il tempo giusto (forse) per essere giovani a Milano
Se li si forma bene e gli si offrono gli stimoli giusti diventano una risorsa preziosa per rendere le aziende italiane competitive, produrre innovazione, far crescere il territorio in cui vivono. Se non li si dota delle competenze necessarie e non si offrono opportunità vere di valorizzazione rischiano di scoraggiarsi e diventare un costo sociale. Sono i membri delle nuove generazioni, gli attuali under 30. Presentano caratteristiche simili in tutto il mondo perché sono cresciuti assieme alla realtà che cambia e sono quindi anche potenzialmente i migliori interpreti delle sfide del proprio tempo, quelle poste dalla globalizzazione, dalla rivoluzione digitale, dalle trasformazioni demografiche.
Far di più a Milano anche sulla natalità
C’è un messaggio comune che arriva ai candidati sindaco dalle varie occasioni di confronto con i cittadini: la richiesta di una Milano in cui sia possibile fare di più e vivere meglio rispetto al passato e al resto del paese. Il desiderio è quello di sentirsi a tutti gli effetti parte di una città in grado di misurarsi con il futuro e con il resto del mondo. Su molti indicatori Milano sta sopra la media europea, ma ha le potenzialità per ambire, come tutti riconoscono, a raggiugere posizioni più elevate. Anche sull’occupazione femminile, nonostante la crisi, i dati rimangono incoraggianti staccandosi nettamente dalla disastrosa media nazionale. C’è però un tema rispetto al quale Milano fatica a distinguersi dal resto del paese. E’ quello della natalità.
Milano laboratorio di innovazione diffusa
Ovunque le sicurezze del passato sono in discussione. Se in alcuni paesi prevale ciò che di nuovo si ottiene rispetto a quello che si perde, l’Italia sembra invece spaesata. Spinta dalla storia fuori dalla comfort zone che pensava di aver trovato negli anni Sessanta e all’interno della quale si è trincerata fin quasi alla fine del secolo scorso, ora sembra non aver ben chiaro dove andare e a fare cosa. Ad un certo punto è sembrato che la soluzione fosse semplicemente quella di entrare in Europa. Ma da tempo è oramai ben chiaro che l’appartenenza, anche convinta, all’Unione non significa agganciarsi come un vagone ad una locomotiva; non è sostitutiva del trovare una proprio modello sociale e di sviluppo coerente con i tempi nuovi. Poi è arrivata la crisi economica utilizzata come alibi per continuare nella tattica della difesa e del rinvio anziché cambiare e rilanciare.
Servono cittadini che sanno scegliere
Sarà interessante per ciascun cittadino valutare la coerenza tra i propri progetti di vita e il nuovo corso che intende imprimere chi sostituirà Pisapia a Palazzo Marino. Un diciottenne può, ad esempio, pensare di scegliere di perfezionare il proprio capitale umano in una delle università della città oppure andare all’estero. L’eventuale decisione di fare un’esperienza di formazione o lavoro oltre confine può poi prevedere il ritorno o la scelta definitiva di rimanere altrove. Tutto questo ha a che fare con la scelta del nuovo sindaco?
Un neodiplomato o uno studente universitario può avere un’idea di startup da realizzare. Per provare a concretizzarla con successo ha bisogno di un ecosistema adeguato. Servono competenze avanzate, un ambiente stimolante, finanziamenti possibili, servizi di supporto, incubatori, luoghi di interazione e contaminazione attiva. Contano le politiche di sviluppo, di stimolo alla creazione di un network internazionale, di accesso a spazi, di facilitazione e incentivo all’innovazione da parte dell’ente pubblico?