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L’istruzione rende di più all’estero che in Italia

Un territorio può crescere e prosperare se mette i propri abitanti nelle condizioni di realizzare, come singoli e come parte di una comunità, obiettivi economici e sociali rilevanti. Tali obiettivi possono essere ottenuti con tanto più successo quanto maggiore è la dotazione di capitale umano del territorio. I processi di sviluppo delle economie avanzate hanno, in particolare, bisogno di formazione di qualità e competenze continuamente aggiornate. Il titolo di studio è una buona misura del capitale umano non solo perché chi ha formazione più elevata parte con un patrimonio maggiore di conoscenze e competenze di base, ma anche perché con più facilità viene immesso in un percorso virtuoso di miglioramento e aggiornamento continuo.

Le nuove generazioni: un capitale su cui investiamo troppo poco

C’è un dubbio che dobbiamo sciogliere una volta per tutte e poi non discuterne più ma solo agire con coerenza e determinazione: i giovani italiani valgono veramente? Le nuove generazioni allevate nel nostro paese sono portatrici di energie ed intelligenze utili per far crescere l’Italia e farla tornare competitiva nel mondo? Se crediamo di no, allora prendiamo atto che siamo senza futuro e attrezziamoci per rendere più dolce possibile il declino. Se invece la risposta è positiva, non basta dirlo a parole, dobbiamo anche realizzare azioni concrete per far sì che quelle energie ed intelligenze diano la migliore espressione di sé. Per farlo dobbiamo intervenire sia sulla componente culturale che su quella strutturale. Riguardo al primo aspetto è necessario consolidare, ad ogni livello sociale, la convinzione che questo paese crede nei propri giovani e li considera la risorsa più preziosa su cui investire per produrre sviluppo e benessere. Aiutare i giovani ad adottare l’approccio giusto avendo attorno a sé un clima di fiducia e di stimolo continuo alla buona formazione e all’intraprendenza è una precondizione. E’ come preparare bene il terreno rendendolo fertile, ma bisogna però poi seminare, coltivare e dimostrare di essere in grado di ottenere buoni frutti. Per far questo servono misure concrete che incidono sugli aspetti strutturali, con riforme mirate e con investimenti adeguati. E’ qui che la politica viene messa alla prova e deve dimostrare quanto crede davvero nel valore sociale e produttivo delle nuove generazioni.

La generazione stage chiede vero lavoro

Il lavoro per un paese è come il vento per una barca a vela. Se non soffia, la barca rimane ferma. Ma ciò accade anche se le vele, per imperizia, non sono ben disposte. E’ inoltre vero, citando Seneca, che nessun vento è favorevole per il marinaio che non sa dove andare. In questi anni abbiamo sentito molte discussioni sul vento che mancava o che cambiava, ma poco si è ragionato sulla direzione da intraprendere. Irrisolta è rimasta, in particolare, la questione di quale lavoro per quale modello di sviluppo.

L’ascensore sociale da far ripartire

In questi anni abbiamo subìto la recessione come si fa con un evento meteorologico. Ciascuno ha cercato di ripararsi come poteva e ora, scorgendo qualche spiraglio di sole che passa attraverso le nuvole, ci auguriamo l’un l’altro che il peggio sia passato. Dopo aver sbagliato l’approccio alla crisi rischiamo però ora di non interpretare nel modo giusto la fase di ripresa, dalla quale invece il paese potrebbe trarre grande slancio. Se non ripartiamo con il passo giusto il nostro destino è quello di rimanere irrimediabilmente nelle posizioni di coda dei paesi più sviluppati.

La partita del cambiamento che rischiamo di perdere

Fino a poche generazioni fa il mutamento era lento e non imponeva – tranne che per eventi straordinari come guerre o catastrofi naturali – riaggiustamenti rilevanti. I punti di riferimento erano stabili e la vita era breve. Ora viviamo molto più a lungo e tutto attorno a noi è in rapida e continua evoluzione.