Tagged: giovani

Il cambiamento imposto non migliora le opportunità

Siamo esperti in Italia a trasformare le opportunità in vincoli. Non sapendo governare preferiamo obbligare. E’ vero che a volte il cambiamento va forzato, ma consentendo, nel caso, di arrivare preparati e con strumenti adeguati per gestirlo con successo. Questa attenzione non c’è stata, ad esempio, con la flessibilizzazione del mercato del lavoro. Con l’esito che l’occupazione giovanile non è migliorata e si è anzi espansa l’area grigia tra lavoro e non lavoro. Abbiamo così fatto scadere la flessibilità, potenzialmente positiva, in precarietà di vita. Se siamo un paese culturalmente resistente al cambiamento è anche perché la politica si è troppo spesso rivelata incapace di gestirlo in modo da ottenere vantaggi collettivi. Per crescere deve vincere il cambiamento di successo, quello che incoraggia scelte positive, non quello che complica la vita delle persone e induce reazioni difensive.

Fare, fiducia e futuro, tutte le “f” della felicità

Se c’è una cosa che tutti vogliamo è essere felici. Nessuno ha però ben chiaro cosa sia veramente la felicità, come la si ottenga e come misurarne la quantità posseduta. La salute e il benessere materiale aiutano, ma non sono garanzia di felicità. Le fiabe sono piene di principesse giovani e belle ma tristi.

Il concetto è difficile da tradurre in modo operativo perché molto soggettivo e perché, per il suo  forte impatto evocativo, il termine tende ad essere inflazionato. Esistono disparati indicatori proposti per misurare la felicità di un paese o di una città, che però hanno alla base più una riflessione su cosa la ricchezza economica non misura anziché su come la felicità possa essere misurata. Nel migliore dei casi si tratta quindi di indicatori di benessere che includono anche la dimensione non materiale e soggettiva.

Per crescere serve una nuova visione del mondo

Supponiamo di perdere fiducia nella crescita e lasciar consolidare l’idea che dopo la crisi economica, anziché una effervescente ripresa seguita da un percorso di solido sviluppo, ci attenda un timido assestamento seguito da un languido declino. Tale atteggiamento negativo porterebbe all’accentuazione di processi di svuotamento di energie e risorse. Assisteremmo ad un continuo incremento di giovani che partono definitivamente per l’estero, una crescente marginalizzazione delle nuove generazioni in Italia, un  affossamento continuo delle nascite, una difesa ad oltranza delle posizioni acquisite, una riduzione della domanda interna, investimenti bloccati, impoverimento del ceto medio e inasprimento delle diseguaglianze.

Ma al di là dell’evitare di generare una profezia negativa che si autoadempie, ci sono buoni motivi per pensare che domani meglio di oggi possiamo vivere bene e sentirci pienamente in gara in un mondo che corre? Non si tratta tanto di sforzarsi a vedere se il bicchiere, rispetto alle nostre aspettative e potenzialità, è mezzo pieno o mezzo vuoto ma sentirsi parte di un processo di svuotamento o di riempimento.

Includere oggi per innovare meglio domani

Milano è senz’altro una metropoli complessa e piena di contraddizioni, ma appare sempre più anche una città che incoraggia  ad esprimersi e invita a formare aspettative positive verso il futuro. La cronaca presenta crescenti esempi di un protagonismo civico dal basso che attraversa tutte le età e le categorie sociali. In particolare, i dati di Ciessevi hanno registrato un aumento di quasi il 20 percento negli ultimi dieci anni delle persone che fanno volontariato.

Educare all’errore per imparare a scegliere

I genitori italiani sono grandi esperti nel riversare sui figli i propri timori ma poco in grado di far da guida nelle loro scelte. Il ruolo di padri e madri è certamente complicato dal fatto che i vecchi punti di riferimento non valgono più o hanno cambiato significato.  Nella società complessa e in continuo mutamento in cui viviamo, valide opportunità e rischi insidiosi si intrecciano in un groviglio non facilmente districabile. Diventa, di conseguenza, sempre più difficile valutare le opzioni disponibili e soppesarne le implicazioni. Questa crescente incertezza – se non gestita con adeguati strumenti culturali e sociali – può generare insicurezza con l’esito di inceppare i meccanismi del processo decisionale.