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Fragilità di un paese demograficamente sbilanciato

I dati dello squilibrio demografico

L’Italia è un paese demograficamente sempre più sbilanciato. A indicarlo sono soprattutto due dati forniti dall’Istat. Il primo è il divario negativo crescente tra nascite e decessi. Nel corso del 2016 le persone che hanno iniziato sul suolo italiano la loro vita (i nati) sono state 142mila in meno rispetto a coloro che l’hanno conclusa (i morti). Il numero di nascite diminuisce non solo per le difficoltà ad avere i figli desiderati, ma anche per la progressiva riduzione delle potenziali madri: le donne di 50 anni sono oltre 500mila, mentre le donne di 30 anni sono meno di 350mila e quelle di 20 anni meno di 300mila. Le donne nate nel periodo del baby boom sono oramai uscite dall’età fertile e il ruolo riproduttivo è ora sempre più assegnato alle generazioni demograficamente meno consistenti nate dopo la fine degli anni Settanta. Riguardo ai decessi, il loro numero diminuisce con la longevità, ma aumenta con l’invecchiamento della popolazione. Ovvero viviamo più a lungo e si riducono i rischi di morte in età avanzata, ma cresce il numero di persone nelle età in cui i rischi sono più elevati.

Calo demografico. Ci sono molti segni positivi per un ritorno delle nascite

Siamo sempre di meno e sempre più vecchi. Questo in estrema sintesi si conferma essere il ritratto della demografia del nostro Paese che emerge dall’ultimo Rapporto annuale dell’Istat. L’immigrazione non risulta più in grado di colmare il sempre più ampio divario tra nascite in riduzione e decessi in aumento. Il motivo principale è l’ormai cronica bassa natalità che porta con sé sia una riduzione della popolazione sia un inasprimento degli squilibri strutturali tra vecchie e nuove generazioni. La grande recessione ha peggiorato un quadro già problematico, confermando quanto le condizioni economiche presenti e l’incertezza sul futuro pesino sull’assunzione di scelte di lungo periodo come la nascita di un figlio. Non è un caso che il nostro Paese sia allo stesso tempo quello con più alto numero di under 30 che dopo gli studi non riescono ad entrare nel mondo del lavoro (i cosiddetti Neet) e quello con fecondità crollata maggiormente prima dei 30 anni.

In un milione di famiglie guadagna solo lei

L’Italia è come un pugile che resiste sul ring senza stramazzare sul tappeto grazie ad una grande capacità di incassare i colpi. Se dovessimo giudicare l’Italia, come qualsiasi altro paese sviluppato, in base agli indicatori economici e sociali, avremmo dovuto darla per spacciata già da molto tempo. Visto da fuori il nostro Paese è un enigma. Non si riesce a capire né perché non reagisca e né perché non sia già crollato. Se questo era vero prima della grande recessione, vale ancor di più oggi per il peggioramento subìto su occupazione e redditi.