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La politica delle paure è la peggiore minaccia sul nostro futuro

Sono 800 mila i bambini stranieri che frequentano le scuole italiane. Erano meno del 2 percento della popolazione scolastica totale all’entrata in questo secolo e sono ora vicini al 10 percento. Oltre la metà di essi è nata in Italia ma tale dato è in forte crescita, tanto che gli alunni stranieri nativi sul suolo italiano sono quasi due su tre tra chi frequenta le elementari. “Stranieri” non di fatto ma per una legge che impone ad essi di non sentirsi e considerarsi cittadini nell’unico paese che conoscono e nel quale sono da sempre vissuti.  Si può forse discutere sul dare la cittadinanza al momento della nascita, ma è certamente importante riconoscere la non diversità di status nel momento in cui inizia il processo di socializzazione. Varie ricerche mostrano come il concetto di “straniero” – ovvero di diverso da chi vive qui – tra gli alunni delle prime classi delle elementari non sia legato alle origini dei genitori o al colore della pelle, ma solo alla lingua. La differenza tra bambini cittadini e coetanei esclusi da tale riconoscimento la apprendono da noi adulti; è una disuguaglianza che introduciamo noi nei loro occhi.

La sharing economy è molto più di una app

Fino a pochi anni fa nessuno parlava di sharing economy, oggi è uno dei temi più in voga nei dibattiti sui nuovi processi di cambiamento economico e sociale. C’è chi parla di nuovo paradigma e chi di nuovo capitalismo svuotato dal concetto di possesso. La proprietà nelle epoche passate garantiva sicurezza e potere.

Gestire bene l’immigrazione aiuta il Paese a crescere

Nelle pagine conclusive di “Se questo è un uomo”, uno dei libri più utili per capire l’abisso della condizione umana, Primo Levi racconta gli ultimi giorni di vita ad Auschwitz. I nazisti, pressati dall’imminente arrivo delle truppe alleate, avevano evacuato il campo lasciando solo gli ammalati. Vari drammatici giorni di freddo, fame e stenti trascorsero prima dell’arrivo dei liberatori. Scrive l’autore: “Venne l’oscurità; di tutto il campo la nostra era l’unica camera munita di stufa, del che eravamo assai fieri. Molti malati di altre sezioni si accalcavano alla porta”. Quale fu la reazione? Non furono lasciati entrare, ma allontanati con fermezza e abbandonati al loro destino. Non c’era spazio per tutti. L’ingresso di altre persone avrebbe ridotto drasticamente le probabilità di sopravvivenza di chi si si era già stabilmente insediato nella camera e aveva contribuito a renderla più vivibile rispetto a tutte le altre.

La partita del cambiamento che rischiamo di perdere

Fino a poche generazioni fa il mutamento era lento e non imponeva – tranne che per eventi straordinari come guerre o catastrofi naturali – riaggiustamenti rilevanti. I punti di riferimento erano stabili e la vita era breve. Ora viviamo molto più a lungo e tutto attorno a noi è in rapida e continua evoluzione.

Rilanciare la capacità di coinvolgere i cittadini

Giuliano Pisapia ha consentito al centrosinistra di conquistare Milano e ha aperto una possibile stagione di cambiamento. Non è arrivato alla terra promessa, nel senso che la Milano desiderata è ancora lontana da quella realizzata. Va però riconosciuto che i tempi erano oggettivamente difficili, soprattutto per la perdurante crisi economica e le sempre più limitate risorse pubbliche. Ora la guida della metropoli nel XXI secolo post Expo è consegnata ad altri.