Giuliano Pisapia ha consentito al centrosinistra di conquistare Milano e ha aperto una possibile stagione di cambiamento. Non è arrivato alla terra promessa, nel senso che la Milano desiderata è ancora lontana da quella realizzata. Va però riconosciuto che i tempi erano oggettivamente difficili, soprattutto per la perdurante crisi economica e le sempre più limitate risorse pubbliche. Ora la guida della metropoli nel XXI secolo post Expo è consegnata ad altri.
Nell’individuare un degno sostituto tre sono gli scenari possibili. Il primo è quello di una lotta intestina nel partito democratico. Il secondo è una gestione fortemente centralizzata, come se la città fosse un feudo da ricondurre a piena fedeltà agli apparati centrali dell’impero. Lo scenario più auspicabile, ma meno probabile, prevede invece che si trovi il consenso su un nome condiviso. Il rischio di questa terza opzione è che si scivoli verso un compromesso al ribasso su un nome della società civile da catapultare nella politica. Più logica e coerente con la valorizzazione del percorso fatto finora sembra piuttosto una scelta di continuità che porti ad individuare come candidato uno degli assessori, tra i vari che hanno ben operato, dell’attuale giunta comunale. Se si deve arrivare alla terra promessa la strada andrebbe infatti proseguita con chi ha condiviso il percorso sin qui fatto e contribuito fattivamente a realizzarlo. Chi tira i fili da Roma farebbe bene a non forzare la mano e imporsi in una città come Milano che fa presto ad indispettirsi quando si sente manipolata dall’esterno. L’elezione di Pisapia è stata vissuta come scelta propria e consapevole dei milanesi ed è bene che così continui ad essere.
Tra i suoi assessori, selezionati con equilibrio di genere e attenzione generazionale, ve ne sono alcuni in grado di dare un nuovo impulso alla città post crisi, in piena sintonia con i percorsi di sviluppo delle aree più avanzate e innovative del continente. Ma serve anche un rilancio nella capacità di coinvolgere tutta la popolazione e rendere partecipative soprattutto le nuove generazioni. La rivoluzione arancione è rimasta molto sotto al di sotto delle aspettative da questo punto di vista. In questi anni gli sforzi diretti a creare sviluppo inclusivo e a stimolare processi di generazione di benessere condiviso non sono comunque mancati. Il welfare comunitario, l’approccio attivo e responsabilizzante delle politiche sociali, la sharing economy, l’innovazione sociale, la spinta all’internazionalizzazione, l’evoluzione strategica in smart city, l’attenzione ai diritti di tutti, la propensione alla sperimentazione e alla valutazione d’impatto, non producono valore solo per la propria distinta ricaduta sui processi di cambiamento della città, ma ancor più contano come parti di un sistema integrato in cui ciascun fattore sostiene e amplifica l’effetto degli altri. Questo sistema, che sta ancora cercando di mettere nel giusto rapporto i vari ingranaggi per funzionare al meglio, è il prodotto più interessante e originale del processo di ricerca di un nuovo modello di sviluppo milanese.
Giuliano Pisapia ha deciso di lasciare il volante e ora si dovrà trovare una nuova guida, ma la cosa più importante è che la macchina non si fermi e che le cose positive messe in cantiere in questi anni abbiamo la possibilità di proseguire con rinnovato slancio.