03/10/2019 | |
DONNA MODERNA |
Qualcuno lo chiama “effetto Greta Thunberg”, qualcun altro ricorda come la proposta risalga già a qualche tempo fa e non sia una novità in Paesi come Cuba, Brasile, Ecuador, Argentina o in alcune realtà europee come l’Austria, Malta e qualche land tedesco. Di certo il fatto che si sia tornati a parlare della possibilità di voto per i 16enni all’indomani dei Fridays For Future nati dall’iniziativa dell’attivista svedese (16enne, appunto) non è un caso.
A rilanciare l’ipotesi di un abbassamento dell’età per partecipare attivamente alla scelta dei parlamentari è stato l’ex premier, Enrico Letta, secondo cui si tratterebbe di “un modo per dire a quei giovani (che hanno partecipato alle manifestazioni della Climate Action Week, NdR) che abbiamo fotografato nelle piazze, lodando i loro slogan e il loro entusiasmo: vi prendiamo sul serio”.
Al mondo politico, che per una volta ha risposto positivamente in modo bipartisan, si è unito chi vede un altro aspetto positivo: la mobilitazione ampia ed entusiasta di tanti ragazzi per il futuro, la salute del pianeta, la domanda di un modello sociale ed economico più sostenibile, ha certamente acceso un faro di interesse della politica nei loro confronti e nelle modalità di loro coinvolgimento. Ha fatto concretamente capire che non sono apatici e disinteressati, che se si toccano le corde giuste sanno rispondere anche oltre le aspettative. “Abbassare il voto a 16 anni diventa anche una sfida per la politica italiana su come riconoscere e accogliere le sensibilità, le istanze, le modalità di partecipazione delle generazioni più giovani” dice a Donna Moderna Alessandro Rosina, Ordinario di Demografia e Statistica sociale all’Università Cattolica di Milano e Coordinatore scientifico del Rapporto giovani dell’Istituto Toniolo.