23/01/2017 | |
IL MATTINO |
Il 13% delle persone che navigano in rete sono state vittime di trolling, cioè ha ricevuto nel corso di una discussione sui social messaggi provocatori, irritanti, falsi o fuori tema con lo scopo di disturbare, provocare reazioni forti.
Sono i dati emersi dal Focus dell’«Osservatorio Giovani» dell’Istituto Giuseppe Toniolo sul tema «Diffusione, uso, insidie dei social network», condotta a gennaio 2017 su un campione di 2.182 persone, rappresentativo dei giovani italiani di età 20-34 anni. Il 37,7% degli intervistati ha avuto esperienza indiretta di trolling, assistendo a episodi di questo tipo sui propri contatti. L’esperienza diretta è dichiarata dal 13% degli intervistati, e il 9,3% dichiara di esserne stato anche responsabile. Tra i social più usati, secondo l’indagine rilevante è anche la presenza su LinkedIn, che arriva al 22,4%, mentre gli utenti di Pinterest arrivano al 20,4% e su Snapchat al 16,1% (che sale al 27,4% tra gli under 22). Più di nicchia gli altri.
Come reagiscono le vittime di trolling? Nel 60,8% dei casi la vittima ha rimosso il messaggio e autonomamente bloccato l’utente senza replicare alla provocazione. In una percentuale rilevante (51,2%) si è provato a rispondere al messaggio sul proprio profilo in modo educato. Il 49,4% delle vittime ha, però, anche dichiarato di aver usato lo stesso tono aggressivo. Un non trascurabile 31,6%, non riuscendo a liberarsi dal troll, alla fine si è rivolto a un legale. Il 71,8% di tutti gli intervistati concorda nel ritenere che comportamenti come il trolling rendano i Social un ambiente altamente inaffidabile, ma c’è un 28,2% che tende a sottovalutare l’impatto o a considerare il trolling come un aspetto imprescindibile della rete. Il 34,8% degli intervistati concorda con l’idea che i troll agiscano in nome del diritto di libertà di espressione della rete. «La difficoltà ad affrontare il fenomeno – commenta Alessandro Rosina, coordinatore dell’indagine – in combinazione con l’idea che il web debba essere un luogo in cui esprimersi liberamente, porta molti ad accettare, pur senza necessariamente giustificare, alcuni comportamenti che minano la fiducia comune e la possibilità di relazione autentica in rete.
Un aspetto ambiguo di queste esperienze negative è che una parte di chi le subisce aumenta sensibilità e grado di attenzione, chiedendo maggiori strumenti per difendersi, mentre una parte minoritaria ma non trascurabile le accetta come ‘parte del giocò e rischia di prestarsi più o meno inconsapevolmente a diventare complice della loro presenza endemica e diffusione»