Servizio civile: rifugio per giovani disoccupati

14/02/2018
LA STAMPA
Servizio civile: rifugio per giovani disoccupati LA STAMPA

In tre anni il loro numero è più che triplicato: erano 15mila nel 2014, sono quasi 50mila nel 2017. In tempi di crisi, 433 euro possono far comodo soprattutto se, in un caso su 4, al termine del servizio civile si viene assunti dove si è lavorato per un anno. «Motivazioni ideali, desiderio di una diversa esperienza di impegno e difficili condizioni del mercato del lavoro», spiega così il boom di “civilisti” Gianfranco Viesti, ordinario di Economia all’università di Bari. A 6 mesi dalla fine del servizio civile, secondo i dati Inapp, un ragazzo su 3 risulta occupato (33,5%): tra questi, il 22,5% trova lavoro attraverso l’ente al quale era stato assegnato. La Stampa ha incrociato esperienze sul campo dei volontari con indagini dei principali esperti del fenomeno, visitando alcuni dei 4mila enti accreditati.

Non bastano i posti
«Negli ultimi due anni le domande hanno superato di oltre tre volte il numero di posti disponibili- spiega Luigi Coluccino, rappresentante nazionale del settore e volontario a sua volta alle Acli-. Nel corso degli anni sono cambiate forme e tipologia dei progetti, adattandosi alle esigenze del Paese. La logica dell’alternanza al servizio militare obbligatorio resta un passaggio storico ma è distante dalle dinamiche attuali». Oggi funziona il passaparola dei volontari che nel 95% dei casi la descrivono come un’esperienza positiva di difesa non armata della patria: «la situazione del mercato del lavoro ha un’incidenza e un’esperienza retribuita è ovviamente appetibile per un disoccupato».

L’età di chi può presentare domanda «coincide con il profilo del giovane alla ricerca di lavoro», perciò la delega per il servizio civile è stata assegnata al Ministero del lavoro. Da poco è cambiato anche il nome del servizio civile: da nazionale a universale. Una novità è che si può lavorare fino a tre mesi in un altro paese.

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