05/06/2016 | |
LA REPUBBLICA |
“La sfida astensione è tutta aperta. Decideranno i neet”. Alessandro Rosina, demografo, curatore del “Rapporto giovani 2016”, indica nei giovani “not in education, employment or training”, non inseriti nello studio, né nel lavoro, né nella formazione, i più disaffezionati al voto.
Rosina, i Millennials, la generazione nata tra l’inizio degli Anni 80 e il Duemila, sono quelli che meno andranno alle urne?
“Sono quelli la cui scelta è più incerta, è meno prevedibile. Il fatto che nelle elezioni precedenti abbiano votato ad esempio, non conta. Nelle generazioni più mature c’è un senso di appartenenza perché legato a un passato in cui le ideologie contavano. Il voto dei Millennials è più fluido, legato a tre aspetti: ai temi concreti più vicini alle loro corde; al linguaggio usato, niente politichese, e ai canali utilizzati come i social network; all’empatia. I candidati devono essere percepiti come sinceri, autentici. No a chi dice “abbiamo bisogno di voi” e intende abbiamo bisogno di voti”.
Fa l’identikit dell’elettore 5Stelle?
“No assolutamente. Anche se c’è una componente che il M5Stelle è riuscito a catturare. Faccio due esempi: Papa Francesco o Bernie Sanders negli Usa risultano credibili e non sono anti sistema ma propositivi. Se la politica non cattura i giovani con qualcosa di credibile, allora il loro voto va nel non voto o nella protesta”.
La sfida all’astensione è aperta quindi?
“È una generazione che ha voglia di essere partecipativa. Vanno coinvolti. Desiderano far succedere cose positive. Chi non vota sono soprattutto i “neet”, gli scoraggiati, intrappolati nella precarietà o ai margini del sistema del lavoro. Il non voto è protesta o rassegnazione “.