21/02/2019 | |
CORRIERE DELLA SERA |
Demografia, lavoro e futuro. Per parlarne abbiamo incontrato Alessandro Rosina, professore ordinario di Demografia presso l’Università Cattolica Sacro Cuore di Milano e autore del saggio “Il Futuro non invecchia”, edito da Vita e Pensiero.
Prof. Rosina, qual è il nostro presente, dal punto di vista demografico e quale futuro ci attende?
Tutto il mondo sta invecchiando, come conseguenza dell’aumento della longevità e della diminuzione della natalità. L’Italia si è posta come punta avanzata di questa trasformazione epocale perché all’estensione della durata di vita ha aggiunto una accentuata denatalità. Siamo attualmente il paese (pur considerando il contributo degli immigrati) con più bassa fecondità in Europa e il primo a trovarsi con una popolazione con più ottantenni che nuovi nati.
Cosa comporta tutto ciò dal punto di vista economico? E lavorativo?
L’invecchiamento della popolazione è in Italia particolarmente accentuato, ma il vero problema è che si combina con altre fragilità: le difficoltà delle nuove generazioni ad entrare nel mondo del lavoro e le inadeguate condizioni per una soddisfacente e produttiva lunga vita attiva. Il rapporto tra over 65 e fascia centrale attiva (25-44) diventa ancora più sfavorevole quando al numeratore si mette il numero di anziani in pensione e al denominatore i giovani-adulti occupati. E nei prossimi anni tale rapporto rischia di peggiorare ulteriormente per la crescita dei primi e la diminuzione quantitativa dei secondi. Se non si interviene con misure adeguate e incisive avremo una minor crescita economica e una minor sostenibilità del sistema di welfare