Ragazzi concreti, pronti ad agire

12/04/2019
Ragazzi concreti, pronti ad agire ORIGAMI - LA STAMPA

In che modo l’agenda “politica” delle nuove generazioni differisce da quella delle generazioni più adulte?

I nati in questo secolo, appartenenti alla Generazione Zeta, crescono in un mondo governato da chi si è formato nel Novecento e ha ben chiari limiti e opportunità di un modello sociale e di crescita che oramai non funziona più, oggi non più in grado di allargare le condizioni di benessere. Lo stesso concetto di benessere ha bisogno di essere ripensato, assieme ai meccanismi per produrlo e redistribuirlo. E’ vero che l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite mette al centro la riduzione delle diseguaglianze sociali e lo sviluppo sostenibile, temi verso cui le nuove generazioni sono particolarmente sensibili, ma l’impegno concreto per realizzarli è considerato insufficiente. Forte è la convinzione tra le nuove generazioni che i Governi dovrebbero fare di più.

Le giovanissime generazioni che rapporto hanno con la politica praticata in senso attivo?

La richiesta da parte dei giovani è che chi oggi ha il potere si impegni maggiormente a migliorare le condizioni dei cittadini, delle nuove generazioni e del contesto sociale e naturale in cui vivono. Ma è crescente la convinzione che serva anche una spinta dal basso, che nessun vero miglioramento sia possibile senza un protagonismo attivo dei cittadini e in particolare dei giovani. Da varie ricerche emerge come la maggioranza dei giovani non si senta inclusa nei processi decisionali e politici e ritenga che le nuove generazioni dovrebbero essere maggiormente coinvolte.

E’ però anche vero che le modalità di ingaggio e partecipazione tradizionali funzionano sempre meno. Esiste una grande disponibilità da parte dei più giovani di esprimere il proprio desiderio di sentirsi utili agli altri, di influenzare positivamente il cambiamento attraverso il protagonismo protagonismo, che però fatica a trovare i canali giusti e le modalità adeguate per esprimersi. Tendono a prediligere una partecipazione meno guidata da ideologie, più orientata al risultato direttamente riscontrabile e associata a una propria esperienza positiva di arricchimento personale. Per mobilitarsi hanno bisogno di sentire una “chiamata”, che catturi la loro attenzione e li coinvolga nel cambiamento per rendere la società migliore.

La situazione è diversa in Italia rispetto al resto d’Europa?

C’è in Italia una cronica carenza di soggetti sociali in grado di porsi in modo credibile e autentico nei confronti delle nuove generazioni, in grado di rappresentare i loro interessi e farsi alleati positivi del protagonismo giovanile nel mondo che cambia. Rispetto agli altri paesi avanzati, basso è nel complesso l’investimento pubblico nella formazione e nella transizione scuola-lavoro. L’aiuto maggiore arriva dalla famiglia e dove più carenti sono le risorse culturali più alto è il rischio di esclusione sociale.

In un mondo sempre più complesso e in continuo mutamento, l’aiuto di madri e padri è però sempre meno efficace. Più che nel resto d’Europa è scesa, inoltre, la fiducia verso la politica e le istituzioni. Rimane però elevata la domanda sia di una politica di qualità sia di una rappresentanza collettiva convincente ed efficace.

Lo stesso dibattito pubblico italiano è fondamentalmente carente di informazioni sui giovani e incline a metterne in luce gli aspetti più negativi e a enfatizzare occasionalmente in modo iperbolico i casi positivi. Guardando i giovani da una tale lente deformata è difficile poi mettersi in adeguata relazione con essi, aiutarli con gli strumenti giusti a formarsi e a sentirsi protagonismi di un mondo che cambia e diventa più prosperoso con i frutti del loro impegno.

La società e la politica italiana hanno bisogno di nuove lenti per guardare le nuove generazioni.

Qual è il punto di vista dei più giovani verso le generazioni degli adulti?

Verso gli adulti l’atteggiamento dei giovani è critico in termini generali, per le difficoltà che incontrano, la scarsa attenzione e lo scarso investimento nei loro confronti, ma anche per l’incapacità a interpretare e gestire positivamente, come classe dirigente, le grandi trasformazioni di questo momento storico. Più favorevole è però il giudizio verso chi è vicino a loro e li aiuta concretamente, siano essi genitori, insegnanti o altri adulti visti come esempi positivi. Quello che chiedono, soprattutto, sono figure in grado di esprimere sintonia ed essere supportive, di sintonizzarsi con i loro interessi, capaci di incoraggiare, di aiutare a riconoscere i limiti personali senza far pesare il giudizio. Sulla differenza tra ragazzi passivi e scoraggiati da un lato, e giovani intraprendenti e vitali dall’altro, conta molto la presenza di queste figure e le esperienze di senso, relazione e valore fatte durante l’adolescenza e arricchite nel percorso successivo.

Serve una chiamata che dal paese arrivi forte ai giovani: “senza di voi non possiamo né costruire un progetto di paese migliore, né realizzarlo. Iniziamo a progettarlo assieme per poi consegnarlo a voi”. In attesa di tale chiamata, va rafforzato tutto ciò che aumenta nei giovani conoscenza, valutazione critica e consapevolezza sul mondo che cambia e offre a loro strumenti per fare esperienze positive di cambiamento, anche a livello locale, che producano miglioramento nel fare assieme. Rimanere accesi e allenati per entrare in campo al momento giusto, magari anche attraverso una invasione di campo se la chiamata non dovesse arrivare.

Il tema della sicurezza coinvolge i ragazzi? E in che senso viene intesa rispetto al modo in cui è trattata nel dibattito politico?

Il tema dell’immigrazione è associato all’insicurezza soprattutto in relazione alla presenza di stranieri irregolari. Verso la presenza regolare prevale un atteggiamento positivo. Inoltre i coetanei stranieri nati in Italia non vengono considerati stranieri. A differenza delle generazioni precedenti, gli adolescenti di oggi si formano in classi con rilevante presenza di compagni di origine straniera, avendo l’opportunità di sviluppare nuove competenze interculturali. Ma d’altro canto mai così alta è stata nei paesi occidentali la percezione dei rischi legati all’immigrazione, enfatizzati nel dibattito pubblico.

Quali sono i dati che riguardano la partecipazione dei ragazzi al tema dell’ambiente?

Dai dati del Rapporto giovani dell’Istituto Toniolo l’interesse sul tema dell’ambiente emerge in modo molto forte. Esiste un ampio e trasversale riconoscimento dell’importanza di impegnarsi in prima persona, al di là di quanto dovrebbero fare le istituzioni. La grande maggioranza dei giovani intervistati si dichiara sensibile e attenta, con appena il 15% che si dichiara tiepido o totalmente disinteressato. La grande maggioranza si dice disposta a cambiare le proprie abitudini per ridurre l’impatto dei cambiamenti climatici. Più in generale, le nuove generazioni sembrano aver bene introiettato il fatto che la qualità del futuro del pianeta dipende dalla responsabilità di ognuno, non solo dall’operato dei governi.

Meno di uno su quattro si tiene però informato in modo sistematico e non solo occasionale. Però è anche vero che più si appassionano e si mobilitano verso un tema che li coinvolge e più si informano, alimentando un percorso virtuoso che rafforza consapevolezza e cittadinanza attiva.