Boom di lavoratori over 50, mentre quelli con meno di 35 anni sono sempre di meno. Dal rapporto del Cnel intitolato “Demografia e forza lavoro”, curato dal consigliere Alessandro Rosina, emerge che le persone occupate con un’età compresa tra i 15 e i 34 anni sono passate da 7,6 milioni a 5,4 milioni nel giro di 20 anni, con un calo di oltre due milioni di unità tra il terzo trimestre del 2004 e il terzo trimestre dei 2024. Nello stesso periodo gli occupati tra i 50 e i 64 anni sono passati da 4,5 milioni a più di 8,9 milioni. In flessione anche i lavoratori tra i 35 e i 49 anni, diminuiti a quota 8,8 milioni (dai precedenti 9,8 milioni).
LA COMPONENTE L’andamento demografico sta cambiando il mercato del lavoro in Italia. In particolare, evidenzia lo studio del Cnel, da dieci anni è entrata in fase di continua e sensibile riduzione la componente che tradizionalmente è stata al centro della crescita economica del Paese: la popolazione maschile nella fascia di età compresa tra 35 e 49 anni. Nel 2014 superava quota 7 milioni. Adesso invece si ferma a 5,7 milioni (e continuerà inesorabilmente a ridursi nei prossimi decenni). Questo secondo il rapporto è il principale fattore che sta indebolendo il potenziale della forza lavoro italiana e, di conseguenza, mettendo a rischio la competitività del sistema Paese.
IL CAPITALE «Per rispondere agli squilibri
demografici in atto, continuando a garantire benessere e sviluppo, non c’è altra strada che rafforzare attrattività e valorizzazione del capitale umano», avverte il demografo Alessandro Rosina, secondo il quale devono essere posti come punti chiave delle politiche di sviluppo una serie di elementi, a iniziare dalla qualità della formazione e del lavoro. Ma in questa partita rivestono un ruolo determinante anche l’efficienza dei servizi di incontro tra domanda e offerta e l’accessibilità degli strumenti per la conciliazione dei percorsi professionali con le scelte di vita. «Agire in questa direzione – insiste il demografo – ha ricadute positive anche sulla natalità, perché mette giovani e donne nelle condizioni di poter scegliere, se lo desiderano, di avere un figlio. In questo modo poi si riducono i divari territoriali perché gli svantaggi di genere e generazionali sono maggiormente presenti nel Mezzogiorno». L’Italia ha un indice di dipendenza degli anziani (rapporto tra 65 e più su popolazione tra i 20 e i 64 anni) che ha superato il 40% e si trova di circa 14 punti percentuali sopra la media Ue-27. Secondo le previsioni Eurostat potrebbe continuare a salire fin oltre il 65%. L’indice di dipendenza economica (inattivi di 65 anni e oltre su occupati tra i 20 e i 64 anni) ha oltrepassato il 60% e anche questo si posiziona circa 14 punti percentuali sopra la media europea. Questi indici misurano il carico sociale ed economico teorico della popolazione anziana su quella in età attiva. Valori elevati come quelli che si registrano da noi evidenziano una situazione di squilibrio generazionale.
LA SFIDA
Il problema tuttavia non è l’aumento del numeratore, che è legato alla longevità e rappresenta una sfida comune a tutte le economie mature avanzate, ma la forte contrazione del denominatore. In gioco non c’è solo la competitività del Paese, che in questo modo si trova in una situazione di svantaggio rispetto alle capacità di sviluppo delle altre nazioni. Il ridimensionamento demografico della componente maschile al centro della vita adulta lavorativa – sarebbe a dire la componente che maggiormente contribuisce alla crescita del Pil e alla fiscalità generale pagando le tasse – va a mettere in crisi la sostenibilità della spesa pubblica.
IL VALORE
Come se ne esce? Il declino degli occupati nella fascia di età tra 35 e 49 anni può essere controbilanciato dall’aumento dell’occupazione femminile, il cui valore in questa fascia si attesta attualmente attorno al 65% in Italia, il livello più basso tra i Paesi Ue (circa 13 punti sotto la media). Per riportare la situazione in equilibrio, si legge nel rapporto curato da Rosina, è necessario puntare anche sulla crescita dell’occupazione degli under 35, pure questa tra le più deboli in Europa. I residenti in Italia nella fascia di età tra i 25 e i 34 anni sono circa 6,2 milioni. Negli ultimi vent’anni sono diminuiti di circa 2,3 milioni, segnala il Cnel. Nello stesso periodo gli occupati in questa fascia d’età sono scesi da 6 milioni a circa 4,2 milioni. Risultato: la popolazione nella fase di entrata in età adulta non è mai stata così demograficamente debole nella storia del nostro paese.