03/11/2016 | |
CORRIERE.IT |
I Neet rischiano di rimanere non solo fuori dal mercato del lavoro, ma marginalizzati dalla vita sociale, anche quando sono diplomati e laureati. Come è ovvio, la propensione a lasciare la condizione di bamboccioni e a vivere una vita autonoma, creandosi un proprio nucleo familiare e un proprio nido, è doppia tra chi ha un contratto a tempo indeterminato rispetto a chi non ha alcuna occupazione, ed è anche più alta rispetto a chi ha un contratto a tempo determinato, o un lavoro autonomo. «A mantenere elevato il numero di Neet in Italia» – sottolinea Alessandro Rosina, Demografo dell’Università Cattolica e coordinatore dell’Indagine Rapporto giovani – «contribuiscono, in misura maggiore che negli altri paesi avanzati, i giovani con carenti competenze e in condizione di disagio sociale, a rischio di marginalizzazione permanente, ma anche neodiplomati e neolaureati con buone potenzialità ma con tempi lunghi di collocazione nel mercato del lavoro per le difficoltà di valorizzazione del capitale umano nel sistema produttivo italiano».