03/11/2016 | |
LA STAMPA |
Né “bamboccioni”, né fannulloni. E nemmeno choosy (schizzinosi) come li definì il ministro Fornero. È questa la descrizione che abbatte la visione comune sui Neet, i giovani non impiegati in un lavoro o in un corso di formazione e nemmeno studenti, venuta fuori dalle ricerche presentate al primo convegno nazionale tenutosi all’Università Cattolica di Milano. Ovvero ragazzi e ragazze dai 15 ai 29 anni che desiderano avere un lavoro per potersi creare una famiglia (il 20% contro una media europea del 10,3%) e che rappresentano nella prima parte del 2016 il 22,3% della popolazione italiana. A differenza degli stereotipi che li dipingono come disinteressati e svogliati, i Neet hanno le stesse aspirazioni dei coetanei che hanno un lavoro o stanno seguendo un corso di laurea, ma si trovano per motivi diversi a essere una parte significativa degli inattivi di tutta Europa, «ben 13 milioni nel 2015, di cui più di due milioni sono italiani», sottolinea Massimiliano Mascherini di Eurofond. Avere un figlio, desiderare un lavoro migliore, sentirsi frustrati, essere disabili sono alcune delle categorie che compongono il grande universo dei giovani che secondo una parte dell’opinione pubblica semplicemente non stanno facendo niente.