Natalità al minimo storico, Rosina:«Nel 2050 l’italiano medio avrà 75 anni, investiamo sulle donne»

Gli ultimi indicatori demografici pubblicati dall’Istat non sorprendono affatto Alessandro Rosina, professore ordinario di Demografia e Statistica sociale all’Università Cattolica di Milano. Da anni lui e il demografo dell’Università di Bologna Roberto Impicciatore riflettono sul problema dell’invecchiamento della popolazione e della bassa fecondità, e ne discutono a lungo anche nel saggio Storia demografica d’Italia, uscito nel 2022 per Carocci.

Lo scorso anno in Italia i decessi sono stati 713 mila, le nascite invece risultano al minimo storico: il numero di bambini e bambine nati nel 2022 è inferiore a 400 mila unità (sono 393 mila). Non succedeva dall’Unità d’Italia. Secondo Rosina, l’Italia non si è preparata per tempo, al contrario della Francia e della Svezia che portano invece avanti «politiche familiari solide in grado di mantenere nei due Paesi la fecondità intorno a 1,8 e 1,9».

Il nostro inverno demografico rischia di diventare «irreversibile». L’Italia, ricorda, supera il punto di non ritorno nel 2014 quando la popolazione smette di crescere. Dalla metà degli anni ‘80 la fecondità è in calo. Ora resta ferma a 1,24 figli per donna. Per ottenere un equilibrio generazionale, spiega il professore, il numero dei bambini dovrebbe essere almeno uguale a quello dei genitori. Eppure i numeri continuano a diminuire progressivamente e «da qui in avanti sarà sempre peggio».

«Per invertire la tendenza e quindi diminuire gli squilibri tra generazioni, bisogna aumentare le nascite. Si tratta di una condizione necessaria ma non sufficiente, oggi i benefici immediati possono arrivare dall’immigrazione», dice. La sua previsione per il futuro resta pessimistica: «Nel 2050 il baricentro della popolazione più numerosa si sposterà. L’italiano medio non avrà più 55 anni, ma 75. Se non attiviamo politiche per far restare i giovani, le nascite caleranno ancora e sarà un problema anche garantire le pensioni».

Nel 2008, lo stesso Rosina conia un nuovo termine per indicare la perdita della forza lavoro portata avanti dalla gioventù: «Degiovanimento». Treccani lo definisce «la progressiva penuria di giovani». Il potenziale dei ragazzi e delle ragazze che il Paese rischia di non valorizzare riguarda sia i cervelli in fuga all’estero, sia i neet (under 35 che non lavorano, non studiano e non frequentano corsi di formazione) che in Italia superano i tre milioni.

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