ESTRATTO
All’inizio di quest’anno, la Goldman Sachs pubblicò un report-shock: prevedeva, dati e prospettive attuariali alla mano, che l’India sarà nel 2075 la seconda potenza mondiale (oggi è la quinta) dopo la Cina, con un Pil di 52,5 bilioni di dollari contro i 57 di Pechino. Scalzerà perfino, relegandoli al terzo posto, gli Stati Uniti, che non supereranno i 51,5, e lascerà nella polvere Germania e Giappone. L’area dell’euro supererà appena i 30 trilioni. Il report, scritto da Santanu Sengupta, capo degli analisti per l’Asia della banca, lo spiegava con il dependency ratio”: «Indica il numero di cittadini in grado di produrre ricchezza in rapporto a quanti da loro dipendono, cioè i ragazzi e gli anziani. Laddove la forza lavoro cresce più di quanto aumentino i pensionati, per l’economia questo è un fattore di crescita esponenziale». Fra le grandi economie, l’India è l’unica che si trovi in questa favorevole condizione: «L’Europa, e soprattutto l’Italia, e anche gli Stati Uniti e perfino la Cina, rischiano di andare verso uno scenario insostenibile in cui a ogni lavoratore corrisponde un pensionato da mantenere», spiega Alessandro Rosina, ordinario di Demografia e Statistica sociale alla Cattolica. «Per tutto il dopoguerra e fino agli inizi del Duemila, invece, l’’Occidente era nella posizione più virtuosa con consistenti forze giovani che si affacciavano al mondo produttivo: così si spiega il successo economico europeo della seconda metà del secolo scorso».