04/01/2022 | |
ITALIAOGGI |
«Giovani, non fermatevi e non scoraggiatevi, prendetevi il futuro», ha detto Sergio Mattarella nel suo ultimo discorso da capo dello Stato. E giù applausi. Come se il tasso di disoccupazione giovanile del nostro paese, tra i più alti in Europa, fosse da attribuire solo alla responsabilità dei giovani, alla loro scarsa vocazione al lavoro, perfino alla mancanza di coraggio. E i politici? I governi degli ultimi venti anni? Tutti senza colpe? Ma dai. Per pura curiosità, digito su Google «Draghi e i giovani». Risultato: «Draghi: i giovani vogliono lavoro, non sussidi». È una sintesi appropriata, priva di retorica e più aderente alla realtà, che mi spinge ad approfondire la ricerca.
Così scopro un eccellente rapporto sui Neet del professor Alessandro Rosina, docente di demografia e statistica sociale all’Università Cattolica di Milano. I Neet (acronimo di Neither in employment nor in education or training) sono i giovani che non studiano e non lavorano, per scelta o per impossibilità di trovare un lavoro. E il rapporto di Rosina, pubblicato da StartNet, ricco di dati e di confronti con il resto d’Europa, non si limita ad elencare i vari motivi della disoccupazione giovanile e della crescita dei Neet prima e dopo la pandemia, ma ne indica con chiarezza i responsabili, in testa le scelte politiche, insufficienti o sbagliate, nella politica del lavoro degli ultimi 10-15 anni.
In Italia i Neet sono più di due milioni. Prima della crisi finanziaria del 2008 erano pari al 18,8% del totale dei giovani, contro il 13,2% della media Ue. Dieci anni dopo, a seguito della conseguente crisi dell’economia reale, sono saliti al 23,4%, contro il 12,9% della media Ue. In pratica, in Italia un giovane su quattro tra 15 e 29 anni non studia e non lavora. Tutto ciò ha un costo sociale, stimato pari all’1,2% del pil europeo, cifra che sale al 2% del pil per l’Italia. Uno spreco di risorse che la pandemia ha certamente aggravato, sostiene Rosina, anche se non sono ancora disponibili dati certi. La tendenza è tuttavia accertata da una ricerca internazionale dell’Istituto Toniolo: il 40% dei Neet intervistati ha detto di avere posticipato la ricerca di un lavoro per la pandemia, mentre un terzo confessa di avere abbandonato ogni ricerca per sfiducia.