Manovra non trasformativa sulla natalità

23/11/2022
Manovra non trasformativa sulla natalità AVVENIRE - 23 Novembre 2022

«C’è una premessa da fare: ai livelli in cui è l’Italia oggi, con il numero di nascite in progressiva diminuzione da anni e la media di 1,25 figli per donna, se si vuole davvero invertire la tendenza sulla natalità e contrastare una struttura demografica sfavorevole, dove i potenziali genitori sono sempre di meno, il nostro Paese deve allineare le sue politiche familiari alle migliori esperienze europee». Per Alessandro Rosina, docente di Demografia e Statistica sociale all’Università Cattolica di Milano, la legge di Bilancio impostata dal governo «non sembra avere le potenzialità per essere considerata una manovra trasformativa sul piano della natalità».

Professore, a dispetto dei commenti governativi che parlano di una finanziaria che punta sul futuro di famiglie e giovani, siamo di fronte a interventi insufficienti?

L’indirizzo è giusto, ma la strada va percorsa con molto più impulso e ben altra determinazione. Gli strumenti devono essere potenziati e mirati su azioni davvero trasformative se si vuole far svoltare il Paese sul piano della natalità e convincere i giovani a fare figli.

Vediamo i singoli punti: l’aumento di un mese del congedo parentale all’80% è una misura che aiuta le famiglie?

Va bene, ma non può essere abbastanza per un Paese che si trova nella situazione dell’Italia. Per esempio bisognerebbe allungare il congedo di paternità, che oggi è di  appena 10 giorni e, ancor di più, andrebbe introdotto il congedo condiviso (che in Spagna è di 6 settimane) per poter rafforzare il coinvolgimento familiare di mamma e papà fin dai primi giorni di vita del bambino.

Come giudica l’aumento dell’importo dell’assegno unico già dal primo figlio?

Anche qui, la scelta è condivisibile ma va aumentata la componente universale dell’assegno unico. In Germania c’è un assegno di oltre 200 euro per ogni figlio, mentre in Italia la parte universale è di 55 euro. Per il ceto medio oggi l’assegno unico rappresenta un contributo POCO più che simbolico, mentre dovrebbe diventare un investimento rilevante che il Paese effettua sul bambino che nasce. Il percorso da fare, al di là dell’aumento previsto nella manovra, è ancora molto lungo.

Se dovesse indicare alcuni interventi prioritari da attuare per far salire il livello di natalità?

Ci vogliono premi e aiuti già al primo figlio. Siamo il Paese europeo che ha l’età media più alta per il primo figlio, per cui poi i tempi per “far crescere” la famiglia sono ristretti. Per cui servono azioni che consentano di diventare genitori nei tempi giusti. Non si tratta solo di staccare assegni più sostanziosi, ma anche di mettere a disposizione strumenti che favoriscano l’autonomia dei giovani. Più che agevolare l’acquisto della prima casa, a mio avviso, visto che un giovane oggi non sa neanche in quale città lavorerà in modo stabile, c’è bisogno anzitutto di sostegni per gli affitti. In quest’ottica di sistema integrato,  inoltre, è indispensabile aumentare gli investimenti sui servizi per l’infanzia implementando al meglio quanto previsto nel PNRR. La possibilità di accedere all’asilo nido deve diventare un diritto per ogni bambino su tutto il territorio italiano.

Che cosa pensa della decisione di smantellare il reddito di cittadinanza?

Oltre ad aiutare le famiglie in condizioni di povertà era stato impostato anche come strumento per favorire il reinserimento nel mercato del lavoro. È bizzarro che, invece di migliorare la parte che riguardava gli “occupabili”, si decida di cancellare gradualmente il reddito.

Una parte delle risorse, anche stavolta, viene destinata alla previdenza…

In una fase come questa, in cui il Paese rischia di non avere le basi solide e di non offrire sostegni adeguati alla sua parte più vitale, forse era il caso di  investire ogni euro disponibile su giovani, famiglie e natalità.