11/11/2015 | |
METRO |
L’OPINIONE I numeri son quelli che fanno paura: 2,4 milioni di giovani italiani fra i 15 e i 29 anni non lavorano, studiano né sono in formazione professionale, condizioni che ormai ci ha reso familiare la parola Neet, che sta appunto per Not in education, employment or training. È stato Alessandro Rosina, demografo della Cattolica di Milano, a rilevare come i Neet siano aumentati dal 2008 al 2014, di oltre mezzo milione. Ora, è pur vero, che l’arco di tempo considerato è quello che scandisce la peggior crisi economica degli ultimi 100 anni, però l’incremento monstre fa appunto tremare i polsi. L’impennata si deve solo alla crisi? C’entra il lavoro nero? Incide il welfare “fai da te” che le reti familiari, seppur con fatica, offrono ancora ai figli?
Paghiamo anche la svalutazione nel sistema universitario ampiamente bersagliato, in anni recenti, da dure campagne giornalistiche (peraltro non prive di fondamento)? Chi scrive segnalava già, ormai una decina di anni fa e proprio su Metro, come i giovani, specialmente laureati, stessero pagando il conto di una crisi strisciante, che spingeva a fare un ricorso a volte selvaggio degli stage. Viceversa prevaleva nella politica una vulgata sociologica, che individuava nel mutamento generazionale, nel carattere “indebolito” degli ultimi rappresentanti della Generazione X e dei primi di quella del Millennio, la ragione principale del fenomeno e dal “bamboccionismo” di Tommaso Padoa Schioppa al “choosy” diElsa Fornero.
C’era un fondo di ragione in quelle osservazioni: il profilo psicologico dei giovani era mutato, così come quello dei genitori, divenuti iperprotettivi da distaccati quali erano. I numeri esposti, però, confermano che c’è dell’altro, e che è urgente ripensare la struttura della società italiana per non avallare una enorme strage di capitale umano. Che oltre al Jobs Act, i cui primi effetti si sono visti proprio nelle stabilizzazioni dei contratti precari, c’è bisogno di altro. Fa pensare però che il dibattito di questi giorni si sia concentrato tutto su una proposta, quella del presidente Inps, Tito Boeri, di un prelievo di solidarietà sulle pensioni più alte, a vantaggio degli over 55 senza lavoro e lontani dalla tutela previdenziale. E per questi 2,4 milioni di arresi, caro professore, che facciamo?
GIAMPAOLO CERRI
Giornalista