L’Italia non è un Paese per giovani

06/10/2016
SPUTNIK ITALIA
L’Italia non è un Paese per giovani SPUTNIK ITALIA

Le nuove generazioni sono il futuro? Stando alle politiche del governo Renzi non sembrerebbe proprio. In Italia la disoccupazione giovanile ha raggiunto il 38,8%, fra i tassi più alti in Europa. Invece che investire nei giovani, si sente spesso i politici criticare la nuova generazione dipingendola come un branco di impigriti sdraiati sul divano.

La realtà non è così, i giovani ovviamente hanno dei sogni e dei progetti da realizzare nella propria vita, vorrebbero creare una famiglia e fare dei figli. Sono disposti a tutto pur di avercelo il lavoro. Lo ha rilevato uno studio condotto dall’Acli e la Cisl di Roma, secondo cui ben il 65% dei giovani romani è pronto a rinunciare ai diritti previsti pur di ottenere un impiego. Che futuro può avere un Paese come l’Italia, che non investe nei propri giovani?

Sputnik Italia ha raggiunto per una riflessione Alessandro Rosina, professore di demografia e statistica sociale all’Università Cattolica di Milano, autore del libro “L’Italia non è un Paese per giovani”.

Professore Rosina, che cosa spiega questo studio dell’Acli e la Cisl di Roma, la situazione ha raggiunto livelli molto gravi?

La situazione è gravissima, perché era già problematica prima della crisi economica, i giovani italiani si trovavano in difficoltà a fare una transizione di successo fra la scuola e il lavoro. La crisi economica ha peggiorato tutto, da un lato ha escluso a molti giovani la possibilità di trovare un lavoro, dall’altro li ha incentivati ad adattarsi a quello che il mercato offre, rivedendo a ribasso le proprie aspettative o decidendo di andare all’estero.

La disoccupazione giovanile si aggira attorno al 40%. I traumi dovuti alla disoccupazione, allo stato di insicurezza vengono presi in considerazione dal governo e la società o sono un fenomeno sottovalutato?

Il fenomeno è stato a lungo sottovalutato, perché i giovani rimangono molto a lungo a vivere con i genitori, questi alti tassi di disoccupazione e inattività dei giovani sono stati compensati dall’aiuto della famiglia di origine. Nel frattempo i giovani crescono, superano i trent’anni, non riescono a trovare un’occupazione stabile e questo rischia di diventare un trauma sociale.

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