21/08/2024 | |
LA STAMPA - 21 Agosto 2024 |
La realtà dei numeri è l’unica speranza a cui attaccarsi. Uno in particolare, esposto a fine giugno dal Consiglio di vigilanza dell’Inps in audizione parlamentare: se l’Italia non invertirà la piramide dell’età, nel giro di pochi anni il bilancio dell’Inps andrà a gambe all’aria. Oggi è in attivo per 23 miliardi, nel 2032 sarà in rosso per 45. Non c’è riforma delle pensioni che tenga, passaggi al contributivo, penalizzazioni. L’enorme problema italiano è politico e demografico. Alessandro Rosina, demografo della Cattolica di Milano scuote la testa: “Ci sono quattro Paesi in Europa che spiccano in negativo, in cui si sommano squilibrio demografico e scarse opportunità per i giovani: Romania, Bulgaria, Grecia e Italia”.
Rosina, l’impressione è quello di un circolo vizioso. La politica cerca solo il consenso di chi vota, parla solo di riforme pensionistiche, di come mandare le persone prima a riposo, poco importa a quale prezzo. Come uscirne?
“Se la politica rinuncia al suo ruolo non ci sarà alternativa alla gestione di un Paese in declino. “Dimentichiamo spesso che le pensioni si pagano col metodo a ripartizione. Per dirla più semplice: ogni anno l’Inps incassa i contributi di chi lavora, e con quei contributi paga gli assegni a chi non lavora. Se il numero dei lavoratori attivi diminuisce, diventa fondamentale aumentare le opportunità di occupazione e di reddito per le nuove generazioni. Peccato che l’Italia sia uno dei Paesi con il più alto numero di Neet (Not engaged in Education, Employment or Training) e di lavoratori poveri” e di working poor.
I giovani italiani entrano tardi anche nel mercato del lavoro.
“E questo è un altro, enorme problema. Perché se i giovani entrano tardi e male nell’universo degli occupati, non accumulano sufficiente anzianità contributiva. Per chi come me guarda le cose attraverso i numeri, ovviamente una delle soluzioni è l’ingresso di lavoratori immigrati. Ma se il mercato del lavoro non attrae i giovani, difficilmente attrae anche gli immigrati, soprattutto quelli più qualificati”.
Soluzioni?
“Quelle note. Investimenti nel capitale umano, formazione delle competenze avanzate, investimenti in ricerca, sviluppo e innovazione delle imprese, politiche attive che permettano l’incontro efficiente fra domanda e offerta di lavoro, politiche abitative e fiscali di vantaggio per chi fa figli, più in generale scelte che permettano una miglior conciliazione fra lavoro e famiglia”.
Tutte scelte politiche sulle quali siamo indietro rispetto alla media europea. Non è così?
“E’ così. E nel frattempo il debito cresce, e la piramide dell’età continua a peggiorare. Non dobbiamo stupirci se – lo ricordava di recente il governatore della Banca d’Italia Fabio Panetta, i più giovani se ne vanno dall’Italia. Una volta il rischio dell’abbandono era al Sud, oggi lo è spesso anche al Nord”.
Circa mezzo milione di ragazzi a partire dal 2008, dice quel dato.
“Non c’è ragione per la quale i giovani dovrebbero continuare a stare in Italia se le condizioni peggiorano. Manca nei loro confronti un discorso pubblico, bisognerebbe offrirgli un patto generazionale che gli permetta di credere nel futuro di questo Paese. Perché una cosa di cui si dibatte poco è che tutto questo ha riflessi anche sulla fiducia dei più giovani verso le istituzioni”.
Torniamo al circolo vizioso. Come spingere la politica a cambiare atteggiamento? Il mercato elettorale resta sbilanciato a favore dei meno giovani.
“Se il governo in carica non si dota di una visione di lungo termine, il risultato non può che essere questo. Se la politica si accontenta di cercare solo il consenso di chi vota alle successive elezioni e non adotta una visione generazionale, non ne usciremo mai”.
Ipotizziamo che domani mattina la chiami Giorgia Meloni e le chieda un consiglio su una misura da prendere nella prossima legge di Bilancio.
“Le consiglierei di ripartire dalla qualità del lavoro in tutte le fasi della vita, a partire dalle nuove generazioni, e gli immigrati. Migliore è la qualità del lavoro più è facile attrarre persone che scommettano sulla possibilità di restare in Italia e avere una famiglia. Il grimaldello per rendere sostenibile il sistema previdenziale nel lungo periodo non può che arrivare da qui”.