In Italia un giovane su tre non studia e non lavora

04/03/2016
INTERNAZIONALE
In Italia un giovane su tre non studia e non lavora INTERNAZIONALE

Mentre in Europa il dato è stabile e in alcuni paesi come il Regno Unito il numero di persone inattive è in calo, in Italia il numero delle persone tra i 15 e i 34 anni che non studiano e non lavorano e non ricevono formazione (cioè neet, not in education, employment or training) è in espansione: secondo l’Istat si è passati dal 20,9 per cento del 2005 al 27,3 per cento del 2015. Se si guardano i dati dei giovani tra i 18 e i 29 anni, la percentuale di neet arriva al 31,1 per cento. In altre parole in Italia circa un giovane su tre vive la sua vita senza lavorare e senza formarsi.

Come si cade nella condizione di inattività. Secondo gli studi sul fenomeno i fattori che conducono all’inattività sono numerosi. Hanno un peso gli ambienti in cui la persona cresce e si forma, come la famiglia e le scuole. Una ricerca della onlus WeWorld rileva che circa un inattivo su quattro ha un’esperienza di abbandono scolastico. Eurofound, l’agenzia che si occupa del miglioramento delle condizioni di lavoro in Europa, stima che avere genitori con un basso livello di istruzione raddoppia la probabilità di diventare neet, così come sono fattori di rischio un reddito familiare basso, un background di immigrazione, una disabilità o il vivere in zone isolate.

Le cose cambiano tra donne e uomini e tra nord e sud. Nel mezzogiorno quasi un giovane su due, tra i 18 e i 29 anni, risulta inattivo (41,4 per cento degli uomini, 43,5 delle donne), dati che al nord scendono al 18,9 e 26,2 per cento. In tutta Italia il fenomeno incide di più sulle donne a causa della difficile conciliazione tra lavoro e famiglia: nei dati rientrano anche le donne che per scelta o per obbligo si dedicano esclusivamente alla famiglia (e ciò in parte spiega perché tra i 25 e 34 anni la percentuale di donne “inattive” sale al 55,1 per cento).

Alla situazione economica si intreccia una questione culturale. “Il fatto che in Italia la quota di giovani inattivi sia potuta aumentare così tanto negli ultimi anni è anche legato a due specificità italiane”, spiega Alessandro Rosina, docente di demografia e statistica sociale dell’Università Cattolica di Milano e autore del libro Neet. Giovani che non studiano e non lavorano.

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