Il welfare non regge. L’Italia affronti la crisi delle culle

13/05/2024
Il welfare non regge. L’Italia affronti la crisi delle culle IL FATTO QUOTIDIANO - 13 Maggio 2024

Di sicuro non sarà tre volte Natale e festa tutto il giorno, come cantava Lucio Dalla. L’Italia che verrà, professor Rosina, sarà un ospizio a cielo aperto o un Paese ancora vitale, avanzato, con un’economia sostenibile?

Sappiamo che tra poco più di venticinque anni, cioè nel 2050, ci saranno quattro milioni di italiani in meno a cui bisognerà aggiungere una quota enorme di pensionati in più.

E’ uno sbilanciamento disastroso verso la terza età. Un Paese di vecchi, appunto un ospizio.

Se le classi dirigenti non capiranno che dovremo cercare di adeguare rapidamente la dimensione del welfare ai nuovi numeri e alle nuove necessità troveremo un blocco sociale, appunto quello degli anziani, che vivrà la crescita delle immissioni di lavoratori, soprattutto dall’estero, come un rischio e non come l’unica opportunità che abbiamo per crescere.

La destra, oggi al governo, ha spesso paventato il timore della sostituzione etnica. Da bandiera ideologica spesso si è convertita in un sentire comune. Dava vigore all’animo razzista ancora presenti in strati significativi della società.

Vedrà che dimenticheremo presto questa espressione. Le imprese, sia grandi che piccole, del nord come del sud, sanno che senza la forza lavoro degli immigrati non riuscirebbero ad avere futuro. Ne hanno un terribile bisogno già adesso.

Non ci bastano quelli che ci sono?

Le cifre ci dicono di no. Abbiamo necessità di selezionare meglio per coniugare competenze e necessità produttive.

Fino all’altro giorno gli immigrati hanno fatto da tappabuchi alla vertiginosa riduzione della forza lavoro in settori rilevanti.

il saldo negativo della popolazione italiana dal 1990 in poi è stato compensato dall’arrivo di questi nuovi cittadini. ma è stato uno stop al declino provvisorio

Un toccasana per le nostre culle vuote

Beh sì, altre culture producevano un’idea di famiglia più numerosa della nostra che aveva perduto posizioni. fino agli anni cinquanta e sessanta una coppia, marito e moglie, aveva infatti in media più di due figli e questo statuiva la progressione della popolazione

Quanti eravamo nel 1950?

47 milioni di italiani. Che nel 1980 sono divenuti 56 milioni e grazie all’immigrazione hanno poi raggiunto e un po’ superato la soglia dei sessanta milioni.

Nel 2014 abbiamo iniziato a registrare la flessione più rilevante

Quasi un milione e mezzo in meno da allora ad oggi

E nel 2050?

Attorno ai 55 milioni. Quattro milioni in meno. Un declino irreversibile si prospetta

Quando l’Italia ha sbagliato a far di conto con le sue necessità e con le sue culle?

In tutta europa a partire dagli anni settanta la famiglia abbandona la configurazione del maschio unico lavoratore e apre la strada al lavoro femminile.

La Scandinavia allarga alla platea femminile il sistema di welfare già così robusto.

Altrove si sviluppano i servizi per l’infanzia e nuovi diritti di paternità e maternità, di sostegno alla coppie più fragili. Invece in Italia il lavoro femminile produce una scelta drammatica: la rinuncia alla procreazione. Oppure, all’opposto, il figlio costa alla donna e alla mamma il lavoro.

Da qui l’arretramento

La natalità scende fino a giungere nei decenni successivi sotto 1,5 figli a coppia, che produce l’inversione della tendenza: le nascite non compenseranno le morti.

Intanto il debito pubblico supera il Pil

Prima di tale crollo l’italia era allineata, in quanto a debito pubblico, agli altri paesi europei. Quando l’economia cresce può investire nel welfare ma colpevolmente non lo fa. Si ritroverà indebitata e senza quei servizi che aiuteranno le famiglie – quelle native e quelle immigrate – ad avere figli.

In un secolo abbiamo bruciato la gioventù

Che corre via, semplicemente saluta e se ne va.