18/09/2015 | |
Internation Business Times |
Le stime sul PIL pubblicate, nell’ordine, da Governo, OCSE e Confindustria hanno letteralmente strabiliato i giornali italiani, che da giorni riportano il tanto atteso successo dell’Italia, o meglio futuro successo dato che si tratta, come detto in precedenza, di stime e non di risultati. Numeri brillanti, luccicanti e stupefacenti. Secondo quanto previsto, il nostro Paese dovrebbe, e ripetiamo dovrebbe, ricominciare a crescere. Ed era pure ora, dato il ritardo biennale rispetto agli altri Stati Membri dell’UE.
Secondo le previsioni che saranno inserite nella nota di aggiornamento del DEF, anticipate dal Premier Matteo Renzi, la percentuale per quest’anno sarà ritoccata dal +0,7 al +0,9%, mentre per quanto riguarda il 2016 “avevamo previsto un +1,4% e anche in questo caso arriverà un rialzo”, di quanto non si sa.
Anche la Confederazione degli industriali guidata da Giorgio Squinzi sembra aver recuperato l’ottimismo perduto in tempo di crisi, decidendo di alzare le stime sul Pil italiano del 2015 e del 2016 e portandole rispettivamente a +1% e +1,5%, dai +0,8 e +1,4% previsti lo scorso giugno. Nello stesso frangente, pure l’OCSE si dimostra d’accordo con le previsioni italiane del 2015, ma non con quelle del 2016: +0,7% quest’anno (da + 0,6%), +1,3% l’anno prossimo (da +1,5%).
Tutto molto positivo e tutto molto bello. Peccato che stime e previsioni lascino il tempo che trovano se non verranno accompagnate da azioni concrete e dati reali, ma soprattutto da una politica giovanile in grado di porre un freno all’esodo in atto nel corso degli ultimi anni. Perché ai giovani non interessano percentuali e valutazioni future, ma guardano più che altro ad un fatto: per loro non c’è lavoro. All’inizio del mese l’ISTAT ha ben specificato che la tenue ripresa del mercato del lavoro si deve soprattutto ai lavoratori più anziani, mentre fra i giovani (e anche un po’ meno giovani) l’occupazione cala. Non ci sarebbe da stupirsi se i giovani italiani volessero fuggire da questa “ripresa” del PIL che non produce lavoro.
A tal proposito, mentre infiammava la guerra di stime di crescita del PIL, l’Istituto Toniolo presentava a Treviso un interessante studio del Rapporto Giovani sul tema “mobilità per studio e lavoro” che mette in evidenza come oltre i due terzi dei giovani sia disposto ad andare all’estero per migliorare la propria condizione lavorativa, e un terzo di questi sta pensando di farlo. Il motivo è semplice: non solo ad oggi l’Italia offre opportunità inferiori rispetto agli altri Paesi sviluppati, ma la situazione non cambierà, almeno da qui ai prossimi tre anni, previsioni o non previsioni. Infatti ben il 90 per cento degli intervistati ritiene che andare all’estero sia una necessità per avere migliori condizioni di vita.