Il futuro della scuola con 110.000 studenti in meno all’anno: allarme per i piccoli centri

Centodiecimila studenti in meno. Quest’anno scolastico si è aperto con una voragine di iscritti. L’aveva annunciato il ministro dell’Istruzione e del merito Giuseppe Valditara lo scorso agosto, rivendicando però il risultato di aver ottenuto dal ministero dell’Economia lo stanziamento di fondi per mantenere lo stesso corpo docente dello scorso anno, anche se resta la condizione di dilagante precarietà nel sistema.

Il crollo comunque non è una novità. All’inizio dell’anno scolastico 2023/2024 erano stati circa 130mila gli studenti in meno e il trend è destinato a continuare così, senza accenni di risalita. A partire dal 2008, il numero di nuovi nati in Italia è in costante discesa, dopo aver visto una lieve risalita nei tre anni precedenti e, prima ancora, tra il 2001 e il 2004.

Le persone nate nel 2008 – che quest’anno iniziano il terzo anno di scuola superiore – sono infatti 576.659, mentre nel 2018 – l’anno di nascita di chi inizia la primaria – sono nate 439.747 persone. Il calo delle nascite, anche se preponderante, non è però l’unica causa.

C’è anche l’abbandono scolastico, sebbene come mostra il report Education at a glance dell’Ocse, la quota di non diplomati negli ultimi anni sia diminuita, passando dal 26 al 20 per cento tra il 2016 e il 2023. Una recente indagine di Openpolis sull’abbandono scolastico ha confermato la diminuzione del fenomeno. Il dato italiano tuttavia rimane tra i peggiori in Europa.

Nel 2023 la percentuale di studenti che hanno lasciato la scuola è stata del 10,5 per cento, l’1 per cento in meno rispetto al 2022. Le prime stime diffuse da Invalsi sul 2024 parlano di una percentuale del 9,4 per cento, che si avvicina così all’obiettivo europeo del 9 entro il 2030. Intanto però, racconta ancora il rapporto di Openpolis, nel 2023 l’Italia si è attestata ancora tra i cinque paesi con più abbandoni in Europa, superato solo da Ungheria, Germania, Spagna e Romania, che è la peggiore con il 16,6 per cento. In ogni caso, anche se in diminuzione, l’abbandono scolastico non contribuisce a tamponare il calo demografico.

La natalità resta il problema principale
Le cause alla base della denatalità sono molteplici, spiega Alessandro Rosina, professore ordinario di Demografia e statistica sociale all’Università Cattolica di Milano, coordinatore scientifico dell’Osservatorio giovani dell’istituto Toniolo e già membro del consiglio direttivo della Società italiana di statistica.

Si va dai motivi e dalle conseguenze di un’indipendenza raggiunta in un’età più avanzata rispetto ad altri paesi, che si ripercuote sulla costruzione di una famiglia, alla mancanza di servizi per le famiglie una volta messo al mondo un figlio o una figlia, che rendono difficile la conciliazione tra lavoro e vita genitoriale.

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