Giovani e lavoro: il 63% ora chiede nuove modalità di rappresentanza collettiva

11/05/2017
LINKIESTA
Giovani e lavoro: il 63% ora chiede nuove modalità di rappresentanza collettiva LINKIESTA

Giovani e lavoro, una storia impossibile. La situazione delle nuove generazioni nel mercato del lavoro italiano continua a non brillare di luce propria, nonostante l’uscita dalla fase più acuta della crisi. Non è servito nemmeno il programma triennale europeo “Garanzia Giovani” per cambiare verso, tant’è che l’Italia continua ad essere il Paese che lascia maggiormente i giovani in inoperosa attesa tra il non studio e il non lavoro.

A confermarlo è la ricerca “Giovani, lavoro e rappresentanza”, realizzata nell’ambito del “Rapporto Giovani” dell’Istituto Giuseppe Toniolo, in collaborazione con il sindacato dei metalmeccanici Fim Cisl della Lombardia e presentata mercoledì 10 maggio a Milano nell’ambito del X Congresso dello stesso sindacato.

Secondo lo studio, condotto a febbraio 2017 su un campione di 2000 giovani dai 20 ai 34 anni, la percentuale di Neet (Not in Education, Employment or Training) nella fascia 15-34 è pari al 26%, oltre 10 punti sopra la media europea e il tasso di occupazione in età 25-29 è pari al 53,7%, staccato di quasi 20 punti dalla media Ue. Di questo i giovani italiani ne sono consapevoli e ragionevolmente preoccupati. In particolare, ciò che mette in allerta le ‘nuove leve’ è la difficoltà del trovare un lavoro che consenta di guadagnare abbastanza per non vivere alla giornata e progettare un proprio futuro (27,9%). La tanto sognata realizzazione nel proprio lavoro invece viene dopo (25,3%) così come il tipo di contratto, che, date le circostanze, può andar bene anche se non è a tempo indeterminato, ma solo se il lavoro è ben remunerato (23,5%). Su livelli più bassi, la richiesta che il lavoro non sia totalizzante (e vada a comprimere la vita extra-lavorativa) e che l’ambiente di lavoro sia positivo.

Ma le giovani generazioni italiane non devono far fronte solo alla mancanza di lavoro, bensì anche al cambiamento in atto dello stesso dovuto all’impatto di tre grandi trasformazioni: Invecchiamento della popolazione, Immigrazione e Innovazione tecnologica. In questo caso, è interessante notare come la percezione dei giovani italiani rispetto alle cause individuate, cambi a seconda del titolo di studio raggiunto. Considerato il fattore immigrazione, infatti, la maggior parte di coloro che denunciano una possibile concorrenza dei ‘nuovi arrivati’ possiede il titolo della scuola dell’obbligo (65%), mentre soltanto la metà dei laureati ne è convinta (33%). Per quanto riguarda i rischi di posti di lavoro bruciati dall’innovazione tecnologica – e in particolare dall’automazione dei processi produttivi -, si passa dal 64% di persone abbastanza o molto preoccupate tra chi ha il titolo inferiore al 55% per i laureati, presentando quindi una posizione non troppo discordante. La preoccupazione, invece, verso il ricambio generazionale, bloccato in alcuni settori per l’estensione della permanenza al lavoro delle generazioni più anziane, risulta traversale alle varie categorie sociali.

Secondo Alessandro Rosina, curatore dell’indagine dell’Istituto Toniolo e docente di Demografia e Statistica Sociale all’Università Cattolica, «i dati della ricerca mostrano come esista una forte consapevolezza da parte dei giovani non solo delle difficoltà presenti nel rapporto con il mondo del lavoro ma anche dell’impatto, su rischi e opportunità, delle grandi trasformazioni in corso. Tutto questo alimenta un’ampia domanda di rappresentanza nelle nuove generazioni che rimane ad oggi largamente insoddisfatta. La risposta, secondo gli intervistati, può arrivare dall’emerge di forme nuove di rappresentanza collettiva o da un forte rinnovamento delle forme esistenti».

LEGGI ARTICOLO COMPLETO