29/12/2018 | |
IL FATTO QUOTIDIANO |
Emotivamente sfiancante e sempre più costoso, in termini di soldi e denaro. Crescere figli oggi comporta un investimento di risorse economiche e psicologiche che però spesso rischia di essere persino controproducente. A lanciare la provocazione è il New York Times che pubblica una lunga inchiesta a firma di Claire Cain Miller, The Relentlessness of Modern Parenting. Il bersaglio è la cosiddetta “genitorialità intensiva”, un termine coniato dalla sociologa Sharon Huys che descrive uno stile genitoriale “sempre più centrato sul bambino, affidato agli esperti, emotivamente assorbente, finanziariamente costoso”.
Al contrario di quanto si crede, infatti, i genitori lavoratori di oggi passano con i figli lo stesso tempo delle madri casalinghe degli anni Settanta. Cambia anche il modo di stare con i bambini: si legge con loro, li si accompagna alle loro mille attività, si partecipa alle loro recite e giochi, si guarda persino la televisione insieme, si condividono i compiti: 5 ore a settimana rispetto all’ora e 45 minuti del 1975. Figli sempre più intrattenuti invece che semplicemente “amati e disciplinati”.
[…] Il problema è che, mentre si alza l’asticella degli standard educativi non aumentano i supporti per i genitori che lavorano, come i congedi parentali, i sussidi, gli orari flessibili, mentre si riducono anche le reti informali di aiuto. La conseguenza è che i genitori, in particolare le madri, sono stressati, esausti e pieni di sensi di colpa. E per dedicarsi a tempo pieno ai figli tolgono tempo ai partner, agli amici, ai momenti di piacere, al sonno. Molte donne interrompono la propria carriera oppure sono decidono di non fare figli. Altre, già madri, si limitano a un solo figlio nel timore di non poter garantire lo stesso standard educativo agli altri. “Mentre nel dopoguerra la diminuzione del numero dei figli e un maggiore investimento sulla qualità erano avvenute contestualmente a un’espansione dei sistemi di welfare e crescita economica, oggi il sistema di welfare non è più in espansione e l’ascensore sociale si è in buona parte bloccato”, spiega il demografo Alessandro Rosina, (ultimo libro: Il futuro non invecchia, Vita e Pensiero).