10/05/2017 | |
DONNA MODERNA |
La definizione corretta è “caregiver”, ma li chiamano anche “generazione sandwich”: inglesisimi che non bastano a raccontare i volti e le vite di quel milione di italiani che, spesso oltre ai propri figli, accudisce a tempo pieno i genitori non più autosufficienti. Il milione sale a 9 se si considerano anche tutti gli adulti che si prendono cura di un parente anziano solo per alcune ore al giorno. I figli-badanti creano quel welfare sommerso, tipicamente nostrano, basato su una sola regola: la solidarietà familiare. Da Nord a Sud, è infatti fortissima la necessità di prendersi cura di mamma e papà colpiti da malattie che richiedono cure quotidiane. Ma perché non delegare a figure specializzate certe mansioni? Oltre a una ragione affettiva, c’è una questione economica: il costo di una badante in regola, se si calcolano stipendi e contributi, è di circa 15.000 euro all’anno. Troppo per le esigue pensioni di accompagnamento (508 euro per anziano) che percepiscono i genitori malati.
«Il fenomeno dell’invecchiamento e della vulnerabilità delle persone anziane ha ripercussioni su 3 generazioni: genitori, figli e nipoti» spiega Elisabetta Luisa Ferrari, coordinatrice dello sportello Aiuti familiari della cooperativa sociale Spazio Aperto Servizi di Milano. «Emotivamente si fa fatica a “elaborare il lutto” di aver perso – anche se non fisicamente – una mamma o un papà malato. E la riorganizzazione del tempo tra casa, lavoro, bambini da seguire a scuola e genitori da assistere diventa complessa e stressante. I caregiver oscillano spesso tra il fuggire da queste situazioni e il non riuscire più a staccarsi.
Gli “ipercuranti” possono anche andare in depressione. Bisognerebbe trovare un equilibrio: non rimanerne troppo invischiati, ma non essere neanche menefreghisti». La National Family caregivers association, la prima associazione americana dei parenti-badanti, consapevole dei rischi in cui incorre la figura del caregiver, ha stilato una lista di consigli per non rimanere imprigionati nel ruolo: non far diventare un’ossessione la malattia del caro; trovare spazio per lo svago; accettare l’aiuto degli altri; imparare a conoscere la patologia che affligge il parente. Suggerimenti importanti e utilissimi, ma che nel nostro Paese andrebbero anche sostenuti da politiche sensibili al problema.
Norme che riconoscano dal punto di vista giuridico, e non solo sociale e umano, il soggetto che “si prende cura di” non esistono in Italia. Lo scorso gennaio in Commissione Lavoro del Senato è partito l’iter parlamentare di 3 disegni di legge sui caregiver familiari. In attesa di un testo unificato, le associazioni chiedono almeno sgravi fiscali per chi assume una badante: secondo l’Inps, sono 375.000 quelle regolarizzate e quasi 700.000 quelle che invece lavorano in nero.
«L’assistenza agli anziani non può essere una questione delegata solo alle famiglie: nel nostro Paese degli over 80 sono 4 milioni, i “grandi vecchi” rappresentano la componente della società che aumenta con maggiore velocità e, prima della metà del secolo in corso, raggiungeranno gli 8 milioni» spiega Alessandro Rosina, docente di Demografia all’università Cattolica di Milano.
«Nei prossimi decenni diminuirà la popolazione di età centrale, il carico degli anziani sarà più pesante e verrà meno il numero di persone dedite all’accudimento. La popolazione invecchia, i bambini non nascono e la maggior parte dei caregiver sono donne che oggi hanno tra i 40 e i 55 anni: chi se ne occuperà, visto che i loro figli oggi studiano e spesso scelgono di trasferirsi lontano da casa per lavoro?».