Denatalità: quali soluzioni per invertire il calo delle nascite?

Nel 2022 i nati in Italia sono stati 393 mila, con un calo di 184 mila unità dal 2008 (ultimo anno in cui si registrò un aumento delle nascite). «Come Paese abbiamo già passato un punto di non ritorno: la popolazione italiana non può più crescere, ma continuerà a diminuire», spiega Alessandro Rosina professore di Demografia all’Università Cattolica di Milano. Dal 2007 il tasso di mortalità supera costantemente quello di natalità e questo divario si è ormai così ampliato che, dal 2014, nemmeno l’immigrazione riesce a compensarlo. Se da un lato la popolazione italiana continuerà a diminuire, anche a causa del calo e progressivo invecchiamento della popolazione femminile in età fertile, dall’altro continuerà ad aumentare quella anziana: gli ultra centenari sono triplicati negli ultimi vent’anni. «Sostenere la natalità significa anche ridurre gli squilibri tra generazioni.
Una ripresa delle nascite significherebbe produrre ricchezza e far fronte all’aumento della popolazione anziana con una in età lavorativa che darebbe il suo contributo per sostenere pensioni e welfare. Per questo è urgente investire sui giovani. Basti pensare che in Italia il 30% dei 30-34enni sono “Neet”, ovvero persone che non studiano e non lavorano. Si tratta di una delle percentuali più alte in Europa, in Germania e in altri Paesi è meno del 10%. Sono generazioni dipendenti dai genitori che non sono nelle condizioni di costruirsi un futuro. E per chi il figlio lo fa, c’è la difficile conciliazione tra lavoro e famiglia che penalizza soprattutto le donne. Se lavorano rinunciano ad avere figli, se hanno figli rinunciano a lavorare, vincolando verso il basso l’occupazione femminile con conseguenze sulla capacità di crescita e sviluppo del Paese», conclude Rosina.

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