08/01/2025 | |
COLLETTIVA - 8 Gennaio 2025 |
Oltre 80 pagine di Rapporto “Demografia e forza lavoro” curato da Alessandro Rosina, demografo italiano tra i più autorevoli, per il Cnel. Uno studio denso di dati e di proiezioni. Il professor Rosina spiega che occorre saper leggere i numeri, gli ultimi dati sull’occupazione dell’Istat, ad esempio, diffusi il 7 gennaio 2025 confermano quanto emerge dal Rapporto, l’occupazione che aumenta è quella dei maschi over 45. Ma, ci illustra il demografo, questo andamento del mercato del lavoro è un problema per lo sviluppo e la crescita del Paese. Non solo: se non si investe in occupazione femminile e giovanile la curva demografica non invertirà la sua tendenza al ribasso.
Nel 2024 si sono creati centinaia di migliaia di posti di lavoro. Al di là dell’analisi sulla qualità di quella occupazione, c’è un dato che emerge con forza: sono aumentati soprattutto i lavoratori tra i 45 e i 65 anni. Che Paese è quello che ha al centro della vita attiva la popolazione maschile adulta?
Un Paese che invecchia, che si sposta dalla fascia tradizionale tra i 35 e i 45 anni a quella oltre i 45 anni. Il problema è che non si allarga alle altre componenti fondamentali, le generazioni più giovani e le donne che garantiscono lo sviluppo nei Paesi più dinamici e più competitivi. I giovani e le donne continuano a essere bloccati su livelli di partecipazione al mondo del lavoro molto bassi, questo rischia di penalizzare la nostra capacità effettiva di crescita. Se ci si accontenta del dato sull’aumento di occupati non si comprende quali sono i cambiamenti verso cui ci si muove. L’aumento dell’occupazione è dovuto alla combinazione dello spostamento in avanti dell’età pensionabile e dell’aumento demografico della popolazione più matura: il risultato è appunto l’aumento di uomini oltre 45enni al lavoro. Se non si coinvolgono le altre componenti della società questo porterà sia a una riduzione della platea dei lavoratori, che a un ulteriore sbilanciamento sulla popolazione lavorativa maschile matura.
Nell’epoca dell’innovazione tecnologica e dell’intelligenza artificiale, cosa significa avere un mercato del lavoro sbilanciato sulla popolazione maschile over 45?
Dobbiamo comunque partire dal presupposto che la longevità fa parte delle trasformazioni in corso. Vivere di più e in buona salute è positivo e sbaglieremmo a definire anziano un cinquantenne. Detto questo, è vero che l’innovazione tecnologica richiede, per poter essere colta positivamente anche all’interno dei contesti lavorativi, nuove competenze, nuove sensibilità e nuove capacità che devono poter essere inserite all’interno del mondo del lavoro e così diventare anche una leva di crescita e di sviluppo. È certo necessario investire su tutti gli strumenti che consentono una formazione continua per tutte le fasi della vita, ma è evidente che il valore aggiunto nella crescita e nello sviluppo lo portano soprattutto le nuove generazioni che hanno idee e modalità di rapporto con l’innovazione tecnologica proprie. L’Italia non sta cogliendo in senso pieno queste trasformazioni, questo cambiamento, questi nuovi strumenti. Se non formiamo bene i pochi giovani che abbiamo, non diamo le competenze giuste per capire come le nuove tecnologie possono diventare parte di una capacità migliore di sicurezza e di modalità di lavoro e, soprattutto, se non li portiamo all’interno delle aziende e nei luoghi di lavoro limitiamo il Paese. Avere pochi giovani e meno formati rispetto agli altri Paesi europei: ne portiamo di meno a concludere fino alla formazione terziaria o più il percorso formativo, li inseriamo meno nel mondo del lavoro e molti giovani laureati italiani se ne vanno all’estero, a contribuire invece a rendere competitivi gli altri mercati del lavoro… è un limite. La nostra incapacità di rinnovare il flusso di entrata nel mercato del lavoro con giovani ben preparati e adeguatamente valorizzati è e sarà uno dei freni che pagheremo maggiormente.