Dalla scuola ai redditi, quali sono le nuove disuguaglianze dopo la pandemia

16/11/2022
LA REPUBBLICA
Dalla scuola ai redditi, quali sono le nuove disuguaglianze dopo la pandemia LA REPUBBLICA

La sociologia ci permette di capire quando le differenze diventano disuguaglianze. Lo spiega Rossella Ghigi, docente all’Alma Mater, che ha curato con Manuela Naldini il numero della Rivista del Mulino che esce il 18 novembre. Una raccolta di saggi che vale non solo come specchio di un Paese spaccato dalle crepe sociali ma anche come storia collettiva dei nostri tempi, dalla pandemia alla casa, dal lavoro agli stili di vita, dall’energia alla scuola, dal Pnrr alla sanità. Una storia scritta da alcuni dei migliori studiosi italiani che mettono dati, ricerche e soluzioni.

Perché proprio ora?
“Ci pensavamo da tempo. Il Covid è stato il motore, perché ha mostrato come aumentano le disuguaglianze per le categorie più fragili, ma ci ha convinto, soprattutto, l’assenza di questo tema in campagna elettorale, anche da parte delle forze che avrebbero dovuto farlo. C’è un nuovo governo e ci sembrava urgente come politica culturale”.

Gli elementi nuovi del lavoro?
“Abbiamo voluto far intervenire persone molto competenti, tanti sono accademici, che potessero scrivere per il grande pubblico. Gente che fa ricerca sui dati e che riesce a spiegare a tutti perché e dove sono i divari. Ci tenevamo anche ad affrontare il tema delle disuguaglianze nelle disuguaglianze, poiché anche queste, dopo anni così, si frammentano”.

Nell’introduzione citate le tre G dello squilibrio – genere, generazionale e geografico – di Daniela Del Boca e Alessandro Rosina (che per altro partecipano al volume) come fattori che rendono l’Italia la più diseguale tra i paesi sviluppati.
“Volevamo che le tre G fossero in tutti i contributi, per avere uno sguardo su tre dimensioni che non fosse solo sommatorio. Ci sono effetti moltiplicativi, ad esempio se si è donna al Sud, ma ci sono anche controtendenze, come la povertà educativa dopo la pandemia che colpisce più i maschi delle femmine. O i problemi del lavoro che hanno fermato tanti settori ma ne hanno risparmiato alcuni come quello edile. Non tutte le crisi vanno allo stesso modo ed è interessante studiarlo anche nelle misure di contrasto messe in campo. Perché alcune cose fatte hanno funzionato”.

In questi anni ci sono stati termini nuovi per definire le disuguaglianze, l’uso di “fragili”, per esempio. Come cambiano le cose a seconda delle parole che utilizziamo?
“C’è anche un’operazione di politica culturale, molti termini hanno una loro storia. Se usiamo “politiche per la casa” la intendiamo come proprietà e spesso valutiamo la sua grandezza, perché avere o non avere la casa è il problema. Se parliamo “dell’abitare” dentro ci mettiamo anche la qualità della vita, cambio lo sguardo e dunque forse cambio l’approccio politico. Così cambia se parlo di povertà o di vulnerabilità e di fragilità. Anche con il termine “lavoro povero” introduco un altro elemento rispetto alla precarietà. Lo sforzo del lessico è di spiegare in termini facili ma precisi. Se diffondiamo i termini giusti guardiamo le cose in altro modo: i limiti del nostro linguaggio sono i limiti del nostro mondo, diceva Wittgenstein”.

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