17/06/2015 | |
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In cerca di fortuna. I giovani del Sud sono i nuovi emigranti: l’84,4% è disposto a trasferirsi ovunque pur di trovare un lavoro. E se le offerte arrivano dall’estero tanto meglio, oltre il 50% è pronto a vivere stabilmente in un altro paese. Mentre il 34,2% si sposterebbe volentieri ma solo all’interno dell’Italia. È questa la fotografia scattata da un’indagine promossa ed elaborata dall’Istituto Giuseppe Toniolo in collaborazione con l’Università Cattolica e con il sostegno di Fondazione Cariplo e di Intesa Sanpaolo, a partire da un panel di 5000 giovani tra i 19 e i 32 anni.
Secondo l’indagine, condotta su un campione rappresentativo di 5.000 giovani tra i 19 e i 32 anni, la disponibilità a spostarsi è più alta per chi ha titolo di studio maggiore: il 73% di chi ha solo la scuola dell’obbligo è deciso a trasferirsi stabilmente (in Italia o all’estero) contro l’86% dei laureati. Questo significa che la mobilità tende ad impoverire non solo quantitativamente ma anche qualitativamente la presenza dei giovani nel territorio di origine. In particolare, solo il 43% di chi ha titolo basso è pronto ad andare all’estero, contro il 52% dei laureati. La decisione di spostarsi dei giovani del Sud è legata non solo alle minori opportunità di trovare lavoro (la quota di giovani che non studiano e non lavorano è superiore al 35% in molte regioni meridionali contro meno del 20% al Nord), ma anche alla più bassa qualità e soddisfazione per vari aspetti del lavoro svolto, non pienamente in linea con le proprie aspettative.
POCA FIDUCIA NELLE ISTITUZIONI fiducia nelle istituzioni spinge alla fuga (AdnKronos) – In generale circa un giovane meridionale su tre non è soddisfatto del lavoro che svolge contro uno su quattro nel Nord. Un motivo per andarsene è anche la mancanza di fiducia nelle istituzioni e in particolare nella possibilità che la politica locale sia in grado di migliorare le condizioni di vita e lavoro dei cittadini. La fiducia nelle istituzioni locali (comune e regione) è pari al 23% per i giovani italiani in generale, mentre scende al 17% per i giovani del Sud. «Rispetto alla fiducia nelle proprie capacità e al considerarsi – spiega Alessandro Rosina, tra i curatori dell’indagine – la principale ricchezza del proprio paese non c’è molta differenza tra giovani meridionali e settentrionali. Oltre il 90% degli intervistati dal ‘Rapporto giovani’ è infatti convinto, con omogeneità su tutta la penisola, di essere la risorsa più importante che l’Italia dovrebbe mettere in campo per tornare a crescere. Quello che fa la differenza tra Nord e Sud sono, da una lato, le opportunità di trovare lavoro e la qualità dell’occupazione». «In particolare – continua Rosina – pesa l’instabilità e le basse remunerazioni, indicati come aspetti problematici da oltre la metà dei giovani occupati nel Meridione». Il risultato è che «solo il 16% è indisponibile a trasferirsi», evidenzia Rosina. E «se in passato come destinazione prevaleva il Nord Italia, ora più della metà degli under 30 meridionali punta a un possibile volo direttamente all’estero».
ADDIO NUOVE GENERAZIONI «A progettare di andarsene – dice ancora Rosina – sono ancor più i laureati e gli studenti, mentre i più rassegnati a rimanere sono i Neet, ovvero i giovani che non studiano e non lavorano. Il rischio è quindi quello di impoverire non solo quantitativamente ma anche qualitativamente la presenza delle nuove generazioni nelle regioni meridionali, andando ad erodere la componente che maggiormente può contribuire alla rinascita del territorio». La sfida è quindi quella di costruire le condizioni per rimanere. D’altronde, conclude Rosina, molti giovani emigrati «sarebbero disposti a tornare anche con opportunità inferiori a quelle che trovano negli altri paesi sviluppati, purché in presenza di un processo solido e credibile di miglioramento a cui possano contribuire da protagonisti»