Nella Comunicazione al Parlamento Europeo del 19-20 settembre la Commissione sottolinea come nel 1° trimestre 2018 i posti vacanti in tutta l’Ue fossero 3,8 milioni, spiega che “questo processo è destinato a intensificarsi” e invita i legislatori a “riconoscere le qualifiche estere e agevolare la mobilità dei lavoratori migranti in tutto il mercato unico”. E’ la soluzione al problema del labor shortage?
E’ una delle soluzioni per rispondere ai posti di lavoro che rimangono vacanti. Il primo è quello di migliorare i meccanismi di incontro tra domande e offerta di lavoro. Una buona parte di tali posti potrebbe essere coperta dalla manodopera interna con formazione più mirata e servizi per l’impiego più efficienti. E’ però vero che in alcuni settori, pur appetibili per gli autoctoni, la manodopera disponibile comunque non basterebbe, inoltre alcuni tipi di lavoro, quelli meno qualificati (come addetti alle pulizie, braccianti, muratori), trovano scarso appeal tra i nativi. Quindi, anche se si fosse in grado di scendere a livelli di disoccupazione fisiologica, per alimentare i processi di crescita l’Europa ha bisogno di attrarre dall’esterno lavoratori a vario livello.
Partendo dal documento della Commissione, l’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione è recentemente tornata a chiedere “una modifica legislativa che consenta l’incontro tra domanda e offerta sul territorio nazionale mediante l’ingresso per ricerca lavoro” . Quali sono le condizioni necessarie affinché una politica del genere funzioni?
L’attuale normativa non funziona perché vincola l’entrata regolare per lavoro in Italia all’avere già un’offerta di lavoro nel nostro Paese. Questo fa aumentare le entrate irregolari e porta poi a fare continue sanatorie per regolarizzare ex post chi, arrivato in qualche modo, è riuscito a inserirsi nel sistema produttivo del paese. La conseguenza è però anche un alto rischio di sfruttamento nel sommerso da parte di datori di lavoro senza scrupoli, oltre che una alta esposizione al disagio sociale per chi è nella condizione di irregolare senza lavoro. La proposta di una modifica della legge consentendo la possibilità di venire in Italia per cercare lavoro può essere realizzata solo attraverso un nuovo approccio che favorisca canali di entrata legali, accordi con i paesi di provenienza, un sistema di sponsor che in grado di offrire garanzia economica e supporto nella ricerca attiva di lavoro, condizioni concordate in partenza di rimpatrio assistito nel caso non venga trovato il lavoro nel tempo concesso. Aggiungerei anche con un sistema di monitoraggio e verifica dell’attuazione della nuova normativa con un processo che ne valuti, in modo rigoroso e trasparente, l’impatto sul mercato del lavoro italiano e sulla riduzione effettiva della presenza irregolare. L’immigrazione è un fenomeno complesso e delicato, rispetto al quale nessuno ha soluzioni di sicuro successo.