Brevi storie della prossima classe dirigente

21/02/2018
Brevi storie della prossima classe dirigente CAPITAL
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Alessandro Rosina intervistato da Capital nello speciale “Brevi storie della prossima classe dirigente”.

lcuni figli di famiglie note ma molti più giovani neo imprenditori emergono dall’inchiesta di Capital sui trentenni emergenti. L’ascensore sociale funziona abbastanza in Italia? L’ascensore sociale funziona molto meno oggi rispetto agli anni Cinquanta e Sessanta. Del resto le difficoltà di crescita dell’economia, inasprite dalla crisi, hanno ridotto le opportunità per i nuovi entranti. Inoltre noi continuiamo ad essere un paese con alto investimento privato sui figli e basso investimento pubblico sulle nuove generazioni, il che porta a far ricoprire ai genitori un ruolo cruciale nel destino sociale dei giovani. E’ vero però anche che in molti giovani sta crescendo la determinazione a voler emergere puntando sulle proprie capacità e sulle proprie idee, cercando prima di tutto valorizzazione in Italia, ma anche disponibili ad andare altrove pur di realizzare i propri obiettivi di vita e professionali. Sta aumentando, pur se in modo più limitato nel nostro paese, la consapevolezza che sono i territori e le aziende che offrono spazio e opportunità ai giovani ad avere i percorsi più solidi di sviluppo. Dove ci sono quindi le condizioni adatte i giovani emergono.

Perché, rispetto alla politica (i candidati stranoti alle elezioni), economia, professioni, scienza, cultura, mostrano un ricambio assai maggiore: è la dura legge del merito? Se tutto il Paese ha meccanismi di ricambio generazionale arrugginiti, questo vale ancor più nella politica. In tale contesto vale spesso più la cooptazione che il merito, la fedeltà al leader che la capacità di portare visioni nuove. Nel mercato, soprattutto privato e nei settori più competitivi, selezionare nuovi entranti di qualità è cruciale per il successo dell’azienda e dell’organizzazione. Nel medio e lungo periodo vince chi accetta la sfida di rimettersi in discussione e sperimentare strade nuove.

Risultati brillanti durante gli studi sono in Italia una garanzia di carriera o soltanto un buon biglietto da visita? Purtroppo in Italia il rendimento della laurea è più basso rispetto alle economie più avanzate. Un buon titolo di studio mette più tempo a produrre riscontri in termini di occupazione, retribuzione e carriera. Solo dopo i 30 anni le differenze dei laureati con chi ha titolo più basso diventano rilevanti. In ogni caso nei giovani stessi è sempre più riconosciuto che il titolo di studio di per sé è condizione necessaria ma sempre meno sufficiente per una buona carriera. Bisogna metterci del proprio in più, in termini di impegno e intraprendenza.

Le gerarchie hanno ancora un ruolo preminente? Come è cambiato lo stile della leadership? Le gerarchie continuano a contare molto, ma le nuove generazioni sono sempre più insofferenti verso i rapporti di lavoro troppo verticistici. La leadership viene sempre meno vista come ruolo formale e sempre più come capacità effettiva e dimostrata concretamente sul campo di saper guidare e valorizzare il lavoro di squadra.

Quanto contano le soft skill? Quali sono le più importanti? Le soft skills fanno la differenza nel successo professionale. Si tratta di competenze “trasversali” (non specifiche di una professione) che consentono alle conoscenze di base e al saper fare tecnico di essere applicate in modo versatile e vincente nell’ambiente di lavoro e nella vita in generale. Le più importanti solo l’apertura al cambiamento, lo spirito di iniziativa, il saper lavorare in gruppo, la disponibilità a mettersi in gioco e ad apprendere continuamente, ma anche impegno e senso di responsabilità.