29/05/2018 | |
MORNING FUTURE |
C’è chi gli punta contro il dito: choosy, bamboccioni, sdraiati. E chi li ha già liquidati come la “generazione persa”, come se si fossero perduti da soli o dovessero espiare una colpa. Mai una generazione ha avuto tante etichette e mai – a dispetto di ciò – una generazione è stata tanto incompresa. Chi sono i Millennials? A fare chiarezza è il Pew Research Center, che ha appena tracciato i confini della “generazione Millenials”: sono i nati tra il 1981 e il 1996, chi è nato dopo fa parte di un’altra generazione, al momento senza nome. I Millennials hanno quindi fra i 22 e i 37 anni e in Italia sono la generazione che ha pagato il prezzo più alto della crisi economica.
Alessandro Rosina, ordinario di demografia all’Università Cattolica di Milano, li osserva da vicino da parecchio tempo, nelle vesti di coordinatore del “Rapporto Giovani” dell’Istituto Toniolo. «Non è vero che i Millennials sono la generazione perduta, questo non è un destino ineluttabile. Il ruolo delle nuove generazioni è andare oltre il presente, il compito della società è incoraggiarle a farlo», afferma. La fotografia scattata dal Rapporto Giovani 2018, pubblicato a metà aprile, segna un punto di svolta: i giovani oggi hanno una gran voglia «di lasciare alle spalle una crisi economica che li ha schiacciati in difesa e ha bloccato i loro progetti di vita, per essere finalmente messi nelle condizioni di diventare parte attiva di un processo di cambiamento e sviluppo del Paese», afferma Rosina. Una prova? Il 74% degli intervistati ritiene possibile impegnarsi in prima persona per cercare di far funzionare meglio le cose in Italia.