Baban (Confindustria): “Spazio a millennial su mercato e società”

21/03/2017
LIBERO QUOTIDIANO
Baban (Confindustria): “Spazio a millennial su mercato e società” LIBERO QUOTIDIANO

Milano, 21 mar. (Labitalia) – “I mercati Usa e Cina stanno guidando il cambiamento nel business perché lì questi nuovi lavoratori e consumatori, i millennial, pesano e condizionano scelte e modelli di business. Il loro modello di vita e consumo è digitale e, se non li includiamo in azienda e nella società anche noi nella vecchia Europa, non potremmo mai entrare nella nuova economia 4.0. Ho costruito business e aziende vincenti inserendo molti millennial e mixandoli al meglio con qualche bravo manager cinquantenne. Questa è la strada per competere”. A dirlo Alberto Baban, presidente Piccola industria di Confindustria, in occasione dell’incontro ‘The Millennial Big Bang, dare valore alla generazione del valore’, organizzato a Milano da Manageritalia Milano.

“Includere i millennial e far collaborare in azienda almeno quattro generazioni -sostiene Roberto Beccari, presidente Manageritalia Milano- è la sfida che dobbiamo vincere e manager e imprenditori hanno un ruolo determinante facendo crescere i nuovi business e le pmi anche insieme ai millennial, che devono avere sempre più spazio anche come imprenditori e manager”.

“I millennial -fa notare Federico Capeci, autore di Generazione 2.0 e ceo di Kantar Insights Italy- sul lavoro cercano soprattutto (l’80% circa) opportunità di crescita professionale basate sul merito, sviluppo di carriera, business e settori in linea con i loro interessi e a un livello molto più basso (30%) alti stipendi di ingresso. Non è vero che vogliono fuggire all’estero, tant’è che due su tre preferiscono su tutto andare a lavorare nella sede nazionale di un’azienda privata italiana che opera a livello internazionale o nella sede italiana di una multinazionale estera legata al territorio. Solo uno su tre sceglie anche una sede estera di multinazionale. I millennial, in senso allargato, sono oggi il 25% della popolazione italiana e 3 miliardi nel mondo, ma in Italia hanno un gap reddituale rispetto ai coetanei globali che li e ci frena”.

Per il resto hanno un vissuto del loro lavoro abbastanza positivo e in linea con gli altri. Al 63% piace molto o abbastanza (65%), il 43% lo vive in modo positivo pensando al futuro a 3 anni (39%) e il 47% guardando a 10 anni (39%). Cominciano ad intravvedere il lavoro che cambia nei suoi modi di essere, ma qui, come il resto degli italiani, sono ancora a metà strada. Forse perché da noi manca e sta cambiando poco e troppo lentamente.

‘The Millennial Big Bang, dare valore alla generazione del valore’ è stata anche l’occasione per presentare un vademecum per attrarre e coinvolgere i millennial sul lavoro in azienda. “Quello che caratterizza i millennial oggi -avverte Vittorio Bucci, managing director Phd Italia- è che loro scelgono uno stile di vita e non una professione. E il loro stile di vita condiziona tanto le aziende e il business. L’organizzazione del lavoro per valorizzarli deve riprodurre ambienti collaborativi simili a quelli della loro vita sociale. Hanno bisogno di partecipare da subito, di essere interessati e coinvolti, altrimenti, come si disinteressano della pubblicità (63% non la guarda), perdono stimoli e si emarginano o scappano. Uno dei problemi è che arrivano in azienda con un alto livello di formazione, ma hanno nozioni e modelli di un’economia che non c’è più. Anche da qui dobbiamo ripartire per non perderli e perderci tutti”.

“Coinvolgerli, per esempio -suggerisce Francesco Casaccio, psicologo e partner VisionMind- con progetti di reverse mentoring, dove insegnano alle altre generazioni, è uno dei modi per conquistarli. Certo, serve un’organizzazione meno gerarchica e più partecipativa. I millennial non riconoscono lo status, ma il valore”.

“Nei colloqui da lavoro sono demanding -osserva Fabio Costantini, ceo hr solutions Randstad- e vogliono sapere com’è l’azienda, come sono i colleghi, come si lavora e quali sono i valori. Cercano prima sul web e poi vogliono conferme prima di dare un like”.

“Nella ricerca di un lavoro -assicura Andrea Attanà, senior enterprise relationship manager Linkedin- mettono in campo il loro stile di vita digitale. Molti usano al meglio Linkedin cercando le aziende e le persone giuste e raggiungendole poi con presentazioni che sono già una prova del valore che potrebbero apportare”. Conferme e voglia di collaborare con tutte le generazioni sono venute da una millennial presente tra i relatori, Maria Laura Picciolo, responsabile relazioni esterne Aiesec che sottolinea “come per loro sia importante collaborare e darsi vicendevolmente il potere di crescere insieme”.

Allora, come precisa Alessandro Rosina, docente dell’Università Cattolica di Milano, “dobbiamo cambiare l’atteggiamento in azienda, ma soprattutto dobbiamo ripensare le politiche per i giovani”. “La Germania, società anagraficamente vecchia come noi, investe molto sui giovani, noi facciamo troppo poco e nel modo sbagliato. Dobbiamo riconsiderare modalità e investimenti sui giovani se vogliamo crescere, senza di loro non andiamo da nessuna parte”, avverte.

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