Aiuti alle famiglie da Draghi a Meloni: passi avanti ma serve ancora di più per far ripartire la natalità in Italia

In un anno segnato da un nuovo primato della denatalità italiana, con una stima per il 2022 di 385mila nascite a fronte di 700mila decessi, la politica di sostegno alle famiglie ha compiuto finalmente alcuni passi in avanti. Significativi, ma non ancora sufficienti per arrestare il declino e invertire la rotta, come testimoniano, da ultimo, anche le misure contenute nella legge di Bilancio 2023.

La novità di sistema più rilevante è stata l’avvio dallo scorso mese di marzo, sotto il governo Draghi, dell’Assegno unico universale per i figli (Auuf). “Unico” perché assorbe in un solo strumento un insieme di prestazioni come le detrazioni per i figli a carico, gli assegni per il nucleo e i molteplici bonus bebé-nascita. “Universale” perché è garantito, in misura minima, a tutte le famiglie con figli a carico, anche in assenza di Isee o con Isee superiore a 40mila euro.

Il merito principale dell’assegno unico è quello di porre finalmente al centro la figura del figlio, riconoscendo il valore in sé di ciascun nuovo nato, con un contributo economico che lo accompagna dal settimo mese di gestazione fino ai 18-21anni, in modo da preparare anche il suo passaggio alla vita adulta.

Uno strumento innovativo, ma non ancora adeguato
Questo salto di qualità, tuttavia, ha avuto un esito ancora limitato perché, nell’equilibrio tra l’elemento universale pensato per rilanciare la natalità e quello proporzionale commisurato alla situazione economica delle famiglie, alla fine è prevalso il secondo. Basta un dato per chiarire questo punto: mentre in Italia la quota garantita a tutte le famiglie è di soli 50 euro per figlio e il resto viene assegnato in base all’Isee, in Germania tale componente fissa è di 219 euro.

Su questo equilibrio difficile si è innestato l’impegno programmatico del nuovo governo Meloni a potenziare le politiche pro-natalità. Un impegno che, nel 2023, non andrà oltre alcuni aumenti dell’assegno unico (Auuf) in situazioni specifiche – come il primo anno di vita del bambino, il nucleo con almeno tre figli, il quarto figlio e i disabili – senza modificare il riferimento all’Isee per graduare gli importi.

Come si spiega questo scarto tra intenzioni e risultati? Sicuramente hanno influito il poco tempo a disposizione del nuovo esecutivo per approvare la legge di Bilancio, la necessità di mobilitare buona parte delle risorse contro l’emergenza dei rincari delle bollette e, infine, un focus identitario che, in questa prima fase, è apparso più concentrato su temi cari al lavoro autonomo.

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