“La Terra è ricoperta da una sottile pellicola di materia chiamata vita; il velo è straordinariamente tenue, così sottile che il suo peso può superare di poco un miliardesimo di quello del pianeta che lo sostiene (…). L’uomo fa parte di questo involucro sottile ed animato”. Quando Carlo Maria Cipolla scriveva questo testo – posto come incipit del volume “The Economic History of World Population” pubblicato nel 1962 – gli abitanti del pianeta erano poco più di 3 miliardi. Alla fine del XX secolo risultavano già raddoppiati. Oggi siamo oltre gli 8 miliardi.
A cosa si deve questa crescita così straordinaria e unica in tutta la storia dell’umanità? Il motore è la Transizione demografica: il grande processo che ha progressivamente ridotto gli elevati rischi di morte del passato e reso del tutto normale per un nuovo nato attraversare tutte le fasi della vita fino all’età anziana. Nel mondo pre-industriale la durata media a malapena arrivava a 35 anni. All’epoca dell’uscita del libro di Cipolla risultava salita oltre i 50 anni, proseguendo poi fino ai 73 di oggi (sopra gli 80 nei paesi più ricchi).
Il 1962 è anche l’anno in cui il tasso di incremento della popolazione registra il suo valore più alto, superiore al 2% annuo. La sua successiva discesa corrisponde ad una lunga fase di rallentamento dell’esuberante crescita della popolazione mondiale. Se il motore dell’accelerazione è stata la riduzione della mortalità, la decelerazione si deve alla diminuzione della fecondità. Quando i rischi di morte scendono su livelli molto bassi, basta una media di due figli per donna per ottenere un equilibrio tra generazioni.
Nel momento in cui Cipolla scriveva il suo libro la fecondità mondiale era ancora attorno ai 5 figli. Oggi la media è di 2,3 figli ed è prevista scendere a 2 nella seconda metà del secolo. Secondo lo scenario mediano della Nazioni Unite il picco della popolazione mondiale verrebbe raggiunto nel penultimo decennio del XXI secolo, con un ammontare pari a 10,4 miliardi, dopodiché la curva demografica smetterebbe del tutto di crescere e potrebbe, anzi, diminuire.
Assieme, infatti, alla crescita della popolazione è in atto, per converso, un allargamento del numero di stati con fecondità sotto il livello di equilibrio generazionale. Questo gruppo si va estendendo sempre più oltre i confini del mondo occidentale. Vi rientra anche la Cina, già da qualche anno in declino. Il gigante asiatico sta per essere superato dalla vicina India, la quale, però, è anch’essa recentemente scesa a 2 figli in media per donna, avviandosi quindi nel tratto conclusivo della sua corsa.
Gli stati che alimentano la crescita demografica sono, viceversa, un gruppo sempre più ristretto, concentrato in alcune aree dell’Asia e dell’Africa (soprattutto Nigeria, Congo ed Etiopia). In particolare l’Africa Sub-sahariana presenta oggi poco più di 1,1 miliardi di abitanti, un ammontare simile a quello di Europa e Nord-America. Mentre però la prima area andrà quasi a duplicare i suoi abitanti all’orizzonte del 2050, la seconda rimarrà di fatto ferma.
L’aumento residuo della popolazione nella seconda metà di questo secondo dipenderà, in buona sostanza, dalle dinamiche del continente africano. Le Nazioni Unite stimano, in ogni caso, che per due terzi la spinta demografica sia inerziale, vale a dire che si otterrebbe comunque anche portando subito a 2 la media di figli per donna su tutto il pianeta. Ciò si deve al fatto che la struttura per età risulta ancora sbilanciata verso le età riproduttive. Si tratta però di una finestra temporanea perché la transizione demografica – processo che le varie aree del mondo stanno compiendo con tempi e intensità diversa – ha come punto di arrivo una piramide delle età con base più ristretta (meno giovani) e vertice espanso verso l’alto (più anziani).
Pur con incertezza sui tempi e i livelli finali raggiunti sappiamo, in definitiva, che la popolazione mondiale smetterà di crescere. Lungo questo percorso la demografia pone però tre sfide complesse e delicate. 1. Prima di arrivare al picco si aggiungeranno (quantomeno) altri due miliardi di persone: un incremento che bisognerà rendere sostenibile nel suo impatto sulle risorse del pianeta. 2. Tale crescita si concentrerà nelle aree più povere del mondo, che dovranno poter compiere la transizione demografica in coerenza con un proprio percorso di sviluppo. Con anche inevitabili implicazioni sui flussi migratori. 3. Ad aumentare sarà l’incidenza della popolazione anziana, in particolare nei paesi più ricchi, con conseguente necessità di rendere sostenibile dal punto di vista economico e sociale il rapporto tra generazioni.
Queste diverse sfide si vincono però con lo stesso approccio: passando dalla crescita della quantità alla qualità della crescita. Il che significa promuovere la qualità dei consumi e del rapporto con l’ambiente, la qualità della formazione delle nuove generazioni e la valorizzazione del loro capitale umano, la qualità degli anni di vita e dei servizi di welfare.
E’ tempo di chiedersi: quando la popolazione smetterà di crescere in che mondo ci troveremo? Ed è bene avere la consapevolezza che la risposta dipende dalle scelte delle generazioni che oggi lo stanno già abitando.