Questa Italia abbiamo provato a raccontarla simbolicamente durante l’intera notte di equinozio dello scorso 22 settembre. Lo abbiamo fatto attraverso 100 storie che rappresentano esempi concreti della capacità di creare valore, bellezza, benessere, innovazione e inclusione sul territorio. Il successo di tale evento (co-organizzato con Acli, Arci Servizio Civile, Fim Cisl, Actionaid, Confcooperative, Cnca, Federsolidarietà, Fondazione Bassetti, Mestieri Lombardia, IN-InnovarexIncludere, Libera e molte altre realtà) ha mostrato che esiste un’Italia disposta a mobilitarsi “per” e non solo “contro”. Ha mostrato che al rancore e alla paura che chiude in difesa del presente è possibile contro-proporre il desiderio di partecipare alla costruzione di un’Italia aperta che metta in gioco le energie vitali e positive del nostro territorio.
Un modo ora per rendere stabile e concreta questa prospettiva è la costituzione di un “Forum per il Futuro del Paese”, con l’obiettivo non solo di dar protagonismo collettivo agli attori “dell’apertura che funziona e genera valore sul territorio”, ma anche di produrre con essi l’idea di “un’Italia desiderata e possibile” da realizzare nei prossimi 5, 10, 15 anni. Ovvero, la costruzione concreta del luogo futuro in cui collocare capacità e specificità italiane in coerenza con le trasformazioni del mondo che cambia. Un luogo che abbia tutta la forza di attrarci verso di sé, perché rappresenta ciò che possiamo e vogliamo diventare. Questa idea positiva di Italia da costruire progettualmente assieme “dal basso” deve diventare il Bene Comune di cui prendersi individualmente e collettivamente cura.
Svolgere un compito squisitamente politico senza essere un partito è forse il paradosso più urgente e fecondo da cui ripartire. Tutto questo avendo bene in mente che il futuro più sperabile è quello in cui una volta svolto questo compito e lanciate dinamiche strutturanti, la società civile possa riprendere in pieno la sua funzione cruciale in una democrazia sana, nella quale c’è legittimità e spazio per visioni diverse ma affidandosi a processi fecondi e non di chiusura e paura.
Articolo di Alessandro Rosina e Maria Chiara Prodi