La prima novità rispetto al passato è la continua diminuzione della popolazione. L’Italia non ha più la capacità endogena di crescere e gli stessi flussi migratori non sono più in grado di compensare un saldo naturale sempre più negativo.
La seconda novità, molto più problematica della prima, è legata al fatto che la riduzione non avviene allo stesso modo in tutte le età. Gli anziani continueranno ad aumentare in modo sostenuto, mentre la diminuzione è concentrata nella parte inferiore della piramide demografica.
L’Italia è uno dei paesi al mondo in cui la componente più matura e quella più giovane vanno con maggiore intensità in direzione opposta. Quello che però ci caratterizza rispetto agli altri paesi avanzati più che l’aumento degli anziani è il drastico crollo delle nuove generazioni.
La novità delle dinamiche recenti, destinata a condizionare il percorso di tutto il resto del secolo, è che questo crollo sta ora interessando sempre più anche la popolazione al centro dell’età lavorativa. Ovvero si sta progressivamente indebolendo la componente che più contribuisce alla crescita economica, a garantire condizioni generali di benessere sociale, a far funzionare e finanziare il sistema di welfare pubblico.
Attualmente, i trentenni italiani sono circa un terzo in meno rispetto agli attuali cinquantenni e i nuovi nati sono un terzo in meno rispetto agli attuali trentenni. Una conseguenza di questa seconda novità è l’entrata nella cosiddetta trappola demografica: la persistente denatalità del passato sta riducendo la popolazione in età riproduttiva e questo vincola ulteriormente verso il basso la natalità futura. Con conseguente peggioramento degli squilibri demografici.
Gli squilibri demografici vanno intesi soprattutto come squilibri nel rapporto tra generazioni. Se quindi si vuole uscire dalla trappola demografica prima che sia troppo tardi, è necessario agire su tale rapporto, che non è solo quantitativo ma anche qualitativo.
Serve, allora, una visione sistemica della sostenibilità che aiuti l’Italia a trovare il sentiero stretto che consenta. Al contempo, di ridurre gli squilibri demografici, di contenere il debito pubblico e di favorire la transizione ecologica. Lo stesso concetto di sviluppo sostenibile mette del resto al centro il ruolo delle nuove generazioni, e la qualità del futuro che attivamente possono contribuire a realizzare.
La chiave è, quindi, fornire loro strumenti e forza che consentano di dare sia spinta che direzione ai cambiamenti del proprio tempo. Facendosi parte attiva del miglioramento del mondo in cui vivono. E non, invece, subirne i rischi, trovarsi schiacciate e sospinte verso i margini.