Nel corso dell’ultimo anno si è consolidata una narrazione positiva di Milano. E’ diventato comune nei convegni e nei dibattiti sentir parlare orgogliosamente di città delle opportunità e di metropoli che sa anticipare il futuro. Si può correre però il rischio di confondere la città che vorremmo con quella che attualmente abbiamo. E’ bene essere ottimisti, ma è bene anche mantenere i piedi saldamente a terra. Se guardiamo al resto d’Italia e alla capitale possiamo essere soddisfatti dei rischi che abbiamo evitato più che delle opportunità colte. Osservando i processi di cambiamento e sviluppo in Europa non proviamo la frustrazione di chi si vede ai margini, ma nemmeno possiamo illuderci di essere considerati al centro. Abbiamo però imboccato la strada giusta e abbiamo un largo potenziale ancora inespresso. Se non abbiamo ancora raggiunto le aree del continente che più corrono è soprattutto perché stiamo sottoutilizzando due principali componenti che, dove adeguatamente messe in campo, dimostrano di poter fare la differenza. Si tratta dei giovani e delle donne. Se Milano vuole davvero diventare una città delle opportunità e dimostrare di essere in grado di anticipare il futuro, è soprattutto sulle giovani donne che si misureranno i risultati ottenuti. Di fatto significa saper coniugare la crescita delle opportunità con quella delle pari opportunità.
Per riuscirci con successo le azioni da mettere in campo devono essere coerenti con tre dimensioni: le trasformazioni socio-demografiche, le specificità della metropoli ambrosiana, le caratteristiche delle nuove generazioni. Un esempio del primo punto è l’immigrazione. Soprattutto in una popolazione che invecchia è importante investire sulla qualità della formazione e sulle opportunità delle seconde generazioni, che sono parte sempre più integrante della qualità del futuro della città. La possibilità di una integrazione di successo dei figli di immigrati è molto legata alla gestione del delicato intreccio tra genere ed etnia. Le giovani donne nate in Italia possono essere sia l’anello debole all’interno delle varie comunità sia il principale asse di sviluppo di competenze multiculturali e di interconnessione sociale tra le comunità e il territorio.
Un esempio del secondo punto è il fermento mostrato negli ultimi anni dai processi di innovazione, non solo tecnologica, di condivisione, di partecipazione, che trovano principale fonte di alimentazione nel capitale umano e sociale. Le giovani donne milanesi hanno talenti, competenze e sensibilità fortemente in sintonia con tali processi. Se la percentuale di trentenni laureate è complessivamente bassa in Italia, supera la media europea nel capoluogo lombardo e risulta di circa dieci punti percentuali più alta tra le giovani donne che tra i coetanei maschi. Lo stesso uso dei social network è maggiore tra le donne. Infine, un esempio del terzo punto è la forte crescita della propensione all’intraprendenza sociale ed economica della componente femminile delle nuove generazioni, la quale però continua a trovare più freni e meno incoraggiamento sia rispetto ai maschi italiani sia rispetto alle donne degli altri paesi avanzati.
Milano sarà quindi una città davvero in grado di anticipare il futuro quando le idee femminili troveranno piena opportunità di essere incluse nella progettazione e realizzazione di tale futuro.