Come ogni anno, lo scorso 11 luglio si è celebra la Giornata Mondiale della Popolazione. Nelle diverse aree del pianeta questa celebrazione assume significati diversi perché, pur essendo la Terra sempre più una casa comune, diverse sono le sfide che la demografia pone a benessere, sviluppo, rapporto con l’ambiente. Per tutti è comunque l’occasione per riflettere su quanto piccoli siamo individualmente e quanto grandi sono le sfide che dobbiamo affrontare collettivamente. Non siamo mai stati così tanti, eppure oggi a Milano si vive, mediamente, molto meglio rispetto all’epoca di Sant’Ambrogio o a quella di Manzoni. Ma vale anche per altre aree del mondo? Complessivamente sì: mentre nel 1800 un bambino che avesse voluto scegliersi la nazione in cui nascere non ne avrebbe trovata nessuna con aspettativa di vita superiore ai 40 anni, oggi anche nel più sfortunato dei Paesi non si scende sotto i 50 anni. Stiamo meglio e viviamo di più, ma sono aumentate anche le diseguaglianze. Tra il Giappone e la Sierra Leone ci sono 33 anni di vita di differenza.
E’ vero, inoltre, che siamo entrati nel secolo in cui la crescita della popolazione tenderà a fermarsi. Ma nel frattempo aumenteremo di almeno altri due miliardi di persone. Il tema di come nutrire il pianeta non a caso è stato scelto per Expo 2015. La sfida risulta ancora più complicata se si pensa che tale crescita tenderà a concentrarsi proprio nelle aree più povere. Secondo le previsioni delle Nazioni Unite, l’Africa passerà da meno di un miliardo e 200 milioni a quasi due miliardi e mezzo nel 2050. L’Europa intera, invece, rimarrà poco sopra i 700 milioni. Separati dal Mediterraneo si confrontano un continente ricco con sempre meno giovani e sempre più anziani, a Nord, e un continente più povero e in forte effervescenza demografica, a Sud. A questi aspetti con impatto certo sui flussi migratori si possono poi aggiungere altri fattori, meno prevedibili e più insidiosi, legati all’instabilità politica e a quella climatica.
Una penisola situata al centro del Mediterraneo non si può disinteressare di questi scenari. Il messaggio principale della Giornata Mondiale della Popolazione è quello di investire sulle nuove generazioni e sulle donne. Questo vale sia per i paesi in via di sviluppo che per le aree più sviluppate. Nelle aree più povere alto è il rischio che l’eccesso di crescita della popolazione vada a comprimere la possibilità di migliorare le condizioni di salute dei bambini, i loro standard nutritivi e la possibilità di accesso alla formazione. Senza un miglioramento in questa direzione nessuno sviluppo è possibile. D’altro canto il passaggio dalla quantità di figli all’investimento sulla loro qualità è legato positivamente alla condizione delle madri e all’empowerment sociale e culturale femminile.
Ma anche nei contesti più avanzati, come evidenzia la ricerca sui “Nuovi” dell’associazione InnovarexIncludere, la possibilità di creare nuovo benessere è fortemente legata al ruolo dei giovani e delle donne, oltre che alla capacità di integrazione degli immigrati. Una popolazione che invecchia ha bisogno di potenziare tutte le componenti di rinnovo e generatrici di vitalità se vuole continuare a guardare con speranza al proprio futuro. Le sfide demografiche sono declinate in modo diverso nelle varie aree del mondo, ma alcune soluzioni sono comuni.