LE NUOVE GENERAZIONI PIU’ INDECISE CHE DISINTERESSATE: LA UE RESTA CENTRALE

L’Europa, dicono i dati di varie indagini, interessa alle nuove generazioni e la domanda
potenziale di partecipazione non è più bassa rispetto alle generazioni più mature

L’Europa, pur con tutti i suoi limiti, rappresenta un punto di riferimento importante per i giovani italiani. Con l’impatto della Grande recessione, la successiva austerity, l’uscita del Regno Unito, l’immagine si era un po’ sbiadita. E’ però anche vero che molti giovani europei si erano riconosciuti nel voto dato in maggioranza dagli under 30 inglesi per la permanenza nell’Unione, sovrastato da quello contrario delle generazioni più mature.
Un’Unione da ripensare e rilanciare è ciò che soprattutto vorrebbero, in coerenza con il nuovo secolo e con le aspettative delle nuove generazioni, non certo trovarsi ad essere la generazione che eredita un progetto fallito.


E’ vero che i vertici delle istituzioni in sé non suscitano particolare passione, ma guardando altrove, compresi gli Stati Uniti, non si trovano figure più convincenti. Non si pretende più che l’Europa diventi il luogo ideale sognato dalle generazioni cresciute nei primi decenni del secondo dopoguerra, che hanno festeggiato la caduta del muro di Berlino, hanno vissuto l’avvio dell’Unione nel 1993 e l’adozione di una moneta comune nel 2002. Non c’è più quella spinta. Quello che le nuove generazioni chiedono è però un’Europa che ci sia, funzioni, si faccia percepire come opportunità e sicurezza, sia nelle scelte interne che verso l’esterno. L’impatto della pandemia, la reazione con lo stanziamento dei fondi Next Generation Eu, l’invasione russa dell’Ucraina, hanno
ulteriormente rafforzato questa convinzione.
Nel frattempo nelle nuove generazioni si è radicata l’idea di potersi spostare liberamente all’interno di questa casa comune, in modo agevole e con un’unica moneta, trovando riferimenti riconosciuti e consolidati. L’esperienza dell’Erasmus ha fatto introiettare questo atteggiamento. Ma non solo come prerogativa delle fasce più istruite. Andare a supportare la propria squadra di calcio a Parigi, Madrid, Berlino, non è considerato un viaggio molto diverso dall’andarla a seguire a Torino per chi è napoletano o viceversa. Geograficamente l’Ue ha una superficie inferiore a grandi singoli stati, come Russia, Canada, Cina, USA, Brasile e Australia, non è quindi meno agevole da attraversare anche in giornata.
I dati di una recente indagine condotta da Ipsos per l’Osservatorio giovani dell’Istituto Toniolo (i cui risultati preliminari sono stati pubblicati il 23 maggio sul portale www.osservatoriogiovani.it) confermano proprio come l’idea di un’unica regione in cui muoversi internamente senza doversi sentire “espatriati” sia una delle acquisizioni più irrinunciabili del progetto europeo. I favorevoli alla libera circolazione per vivere, lavorare e studiare è vista positivamente dal 62,7 degli intervistati italiani tra i 18 e i 34 anni. Solo il 13,9% ne ha una visione sfavorevole, mentre i rimanenti esprimono una posizione intermedia. Questo aspetto è così apprezzato che anche una parte di chi considera negativamente l’appartenenza dell’Italia all’Unione, pari al 18,4%, è comunque favorevole al libero movimento interno. Il senso di appartenenza risulta tra l’altro ancor più forte tra i più giovani del campione intervistato: tra i nuovi votanti alle elezioni europee (i
maggiorenni dopo il 2019) la percentuale di chi vorrebbe l’uscita dall’Unione scende al 15,2%.
Oltre alla mobilità interna, una visione positiva del ruolo dell’Europa è riconosciuta potenzialmente anche sulla gestione dell’immigrazione (52,% contro 17,2%), sulla politica energetica e sulla difesa comune (50% contro 16%). Temi questi ultimi diventati ancor più sensibili dopo la guerra in Ucraina.
Tutto questo richiama la necessità di eleggere rappresentanti in grado di interpretare in modo coerente, con capacità e competenza, tale visione del progetto europeo interpretando le istanze delle nuove generazioni. Per i giovani italiani è proprio questo il primo obiettivo che danno al proprio voto (indicato dal 29.2%), seguito dal 26,0% che considera prioritario far arrivare al Parlamento europeo persone che portino gli interessi del proprio paese. Anche i giovani francesi assegnano una prevalenza alla competenza sui temi rilevanti. Conta invece di più l’interesse nazionale per i rispondenti di Spagna e Polonia (oltre il 33%) e della Germania (28,6%).
Se oltre due under 35 italiani su tre si dicono orientati ad andare alle urne, ampia è però anche l’indecisione su chi scegliere. La richiesta che emerge dai dati è quella di un’offerta politica credibile nel combinare sia aspetti che riguardano direttamente le nuove generazioni, come il lavoro e l’investimento sulle opportunità di sviluppo del paese, sia grandi questioni sensibili del proprio tempo, come il cambiamento climatico, i diritti e le diseguaglianze sociali. Si tratta di argomenti considerati ancor più rilevanti dai giovani italiani rispetto ai coetanei europei.
Il confronto elettorale è purtroppo apparso debole, ordinario, poco convincente su questi temi e su come portarli in modo qualificato nelle istituzioni europee.
L’Europa, dicono i dati di varie indagini, interessa alle nuove generazioni e la domanda potenziale di partecipazione non è più bassa rispetto alle generazioni più mature. Il loro comportamento elettorale è però meno scontato e più condizionato alla possibilità di trovare un’offerta politica davvero convincente e coinvolgente. Al di là dei limiti dei vari partiti, l’auspicio è che alla fine i giovani votino per l’Europa.

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