Con il confronto pubblico tra Majorino e Sala al cinema Anteo, si apre stasera la competizione per designare il candidato del centrosinistra. Una cosa è certa, Milano rispetto a cinque anni fa è molto più convinta delle proprie potenzialità, grazie a Pisapia, grazie ad alcuni suoi assessori chiave, grazie all’esito positivo di Expo, ma prima di tutto, sia chiaro, grazie a se stessa. La città è scesa in campo con la voglia di liberare le proprie energie positive e di dimostrare al mondo, nonostante la crisi, di saper far proprie le sfide del XXI secolo.
I tre candidati alle primarie rappresentano tutti una solida continuità con l’esperienza dell’amministrazione Pisapia: due sono attuali assessori, Balzani e Majorino, mentre Sala ha dalla sua parte la maggioranza degli altri membri della Giunta. Sarà interessante verificare come ciascuno di essi distintamente interpreta cosa va salvato, come va rilanciato e cosa va aggiunto rispetto a quanto ha fatto l’amministrazione uscente. Un aperto confronto su questi punti aiuterà a capire quanto gli aspiranti sindaco sono consapevoli di quello che la città è diventata in questi cinque anni, ma anche quanto sono in grado di interpretare le migliori ambizioni e potenzialità da realizzare nell’orizzonte del 2020. Se questo mese di campagna per le primarie produrrà un dibattito di alto livello su ciò che è stato finora fatto e sulle sfide future da porsi – anziché essere la solita corsa a chi promette di più – aiuterà anche la città stessa a riconoscersi in un percorso comune in cui ciascuno possa dare il proprio miglior contributo.
Il rischio di esaurire lo slancio in avanti non è da trascurare. In un mondo che corre sempre più velocemente e all’interno di un paese pieno di freni e contraddizioni, in cinque anni si può perdere molto terreno se ci si limita a capitalizzare quanto finora fatto. Milano ha saputo collocarsi in quella parte di universo in cui le cose accadono. Expo ha avuto un valore simbolico forte, ha rappresentato la capacità del capoluogo lombardo di saper stare sul palcoscenico internazionale. Ma la vera crescita della città la si vede nel miglioramento urbanistico, nell’aumento del senso di appartenenza sociale, nell’impulso all’intraprendenza culturale e produttiva. Una delle conferme più incoraggianti è aver raggiunto la posizione più elevata tra le grandi città italiane sulla “qualità della vita”, come evidenziato anche dalla classifica del Sole 24 Ore.
Milano ha capito in questi anni che c’è vita oltre al Pil, che la condivisione che crea ricchezza è quella del fare assieme più che le azioni in borsa, che per crescere bene è necessario coniugare lavoro e welfare, sviluppo economico e benessere sociale. In altre parole ha cercato di mettere assieme innovazione e inclusione. Questo binomio è una delle chiavi interpretative più caratterizzanti del modello di sviluppo che in questi anni Milano ha saputo costruire con un insieme sinergico di politiche e pratiche.
I processi di cambiamento vanno governati se si vuole che producano crescita condivisa anziché diseguaglianze. Se questo è vero, non stiamo solo scegliendo un sindaco ma la città in cui vogliamo vivere e lavorare nel 2020. Non limitiamoci, allora, a votare ma usiamo tutte le occasioni offerte e gli strumenti possibili per sentirci partecipi della costruzione di un desiderio collettivo da realizzare.