La sfida del vivere a lungo e bene è una vittoria molto recente. Ancora un secolo e mezzo fa le condizioni di salute e i livelli di sopravvivenza a Milano non erano dissimili da quelli dei paesi oggi più arretrati del pianeta. Dobbiamo quindi essere molto soddisfatti di come viviamo oggi. I rischi di morte sono fortemente diminuiti a partire dalle età infantili. Nel secondo dopoguerra la mortalità è progressivamente scesa su valori bassissimi lungo tutta la fase adulta. Dagli anni Ottanta in poi i miglioramenti si sono concentrati in età anziana.
Oltre ai progressi della medicina a contare oggi sempre di più è l’attenzione sociale e individuale verso il mantenersi in buona salute. La probabilità di contrarre o meno una data malattia dipende molto dal nostro stile di vita in età giovane-adulta, inteso come attività fisica, alimentazione, ambiente di lavoro, prevenzione. Sono questi tutti aspetti che pesano sulle differenze di genere, territoriali e sociali. Le donne sono più attente al proprio corpo e alla propria salute, con conseguenze positive non solo per se stesse ma anche per gli uomini in diretta relazione con esse: figli, mariti e padri. Le differenze territoriali non sono solo quelle tra Nord e Sud del paese, ma anche tra centro e periferia delle grandi città. Chi ha più risorse economiche e culturali ha maggior accesso a informazioni e servizi di qualità che possono orientare positivamente i comportamenti e proteggere rispetto a fattori di rischio. Grazie a questo i laureati presentano una aspettativa di vita di circa cinque anni maggiore rispetto a chi ha titolo di studio basso.
Nel tempo le differenze sociali, complice anche la crisi, non si sono ridotte. I recenti dati Istat mostrano come a fronte di una fascia alta della popolazione che ha mantenuto i propri livelli di benessere, ci sia stato un generale impoverimento del ceto medio e un peggioramento sensibile della fascia medio bassa. Nella stessa Lombardia l’indice di deprivazione è raddoppiato rispetto ai livelli pre-crisi. Questo significa che una quota crescente di famiglie con figli non è in grado di pagare le bollette e far fronte a spese impreviste, rinunciando così anche a prevenzione e cura. Anche il recente “Rapporto sulle povertà” della Caritas Ambrosiana evidenzia come a Milano i servizi facciano sempre più fatica a far fronte alle richieste e sottolinea come oltre a sostenere la ripresa dell’occupazione sia necessario potenziare anche il welfare con un sistema di ammortizzatori sociali universali.
Il rischio è quello di pagare alti costi di medio e lungo periodo soprattutto a carico dei più giovani che già, come ha ricordato il presidente dell’Inps, sono destinati a peggiori condizioni previdenziali rispetto agli anziani di oggi. Si sta creando un mix esplosivo tra diseguaglianze sociali e generazionali, che se non disinnescato per tempo può rendere reversibile il secolare progresso della longevità. L’Organizzazione mondiale della sanità ha messo in guardia i governi rispetto al rischio di una “bomba ad orologeria” innescata dall’elevata e prolungata disoccupazione giovanile. Se vogliamo continuare a vivere bene e non aggiungere nuove disuguaglianze dobbiamo certo innovare, per cogliere le opportunità positive del cambiamento, ma anche migliorare molto di più la capacità di includere, per non lasciare nessuno indietro.