Serviva una spinta positiva per l’Europa, in un appuntamento elettorale in cui era atteso un forte vento contrario soffiato da forze euroscettiche di diverso tipo. Tale vento alla fine non è risultato così destabilizzante, mentre da due fronti sono arrivati segnali più incoraggianti del previsto.
Il primo è l’aumento dell’affluenza del voto, risultata, complessivamente in Europa, la più alta di questo secolo. Il secondo è il successo delle formazioni ambientaliste, che si sono imposte tra i partiti più votati in paesi con modelli di welfare e politiche pubbliche molto diversi tra di loro: quello scandinavo (come Finlandia e Danimarca), quello continentale (in particolare Germania e Francia) e quello liberale (Regno Unito e Irlanda). Questo voto ha fornito evidenza di una capacità dei temi ecologici e dello sviluppo sostenibile di suscitare sensibilità e attenzione trasversale nelle varie culture europee.
L’impatto ambientale è una delle grandi “I” rispetto alle quali l’Europa deve trovare una sua via distintiva in questo secolo. Le altre, interdipendenti, sono l’Invecchiamento della popolazione, l’Immigrazione e l’Innovazione tecnologica. Sono tutti e quattro temi forti, che possono suscitare timori e resistenze o stimolare risposte inedite. La capacità di fornire soluzioni nuove alle grandi trasformazioni in corso è più debole in Italia che nel resto d’Europa: sul tema della denatalità che alimenta l’invecchiamento della popolazione, su flussi migratori e integrazione, su come cambia il mondo del lavoro con l’automazione e le piattaforme digitali. Questo ha fatto crescere in modo lineare le difficoltà e in modo esponenziale i timori. La conseguenza è una “forza giovani” più debole nel dar slancio al paese oltre i confini del presente, sia perché il loro peso demografico, quindi anche elettorale, si è ridotto, sia perché più schiacciati sulle preoccupazioni dell’oggi che incoraggiati a guardare con occhi nuovi il futuro e farsi parte attiva per soluzioni nuove. Ovunque in Europa l’onda verde è stata mossa dal basso dall’energia delle nuove generazioni ed ha trovato strumenti capaci di amplificare tale energia e aiutarla a produrre un impatto politico. Questo è mancato in Italia, a conferma di una più generale incapacità del sistema paese di mettere a miglior frutto le potenzialità delle nuove generazioni facendo leva sulle loro sensibilità e aspirazioni.
In Italia i giovani sono figli a cui è richiesto di conformarsi alle attese dei genitori, sono lavoratori che devono adattarsi a quello che il mercato offre, sono elettori a cui i partiti rivolgono attenzione solo nel momento in cui è richiesto il voto. Manca quasi del tutto attenzione autentica alla domanda che i giovani esprimono, compresa quella politica. Eppure, come i dati del “Rapporto giovani” dell’istituto Toniolo hanno messo in evidenza, la domanda di impegno civile e verso i temi ambientali è molto forte nelle nuove generazioni italiane. In Italia, il valore assegnato al promuovere il bene della propria comunità raggiunge l’83% tra i 18 e i 32 anni, contro l’81% in Spagna e meno del 70% in Gran Bretagna, Francia e Germania. Due intervistati su tre si dicono indignati per quanto poco si fa per lo sviluppo sostenibile, ma oltre l’80% non ha mai avuto contatti con associazioni impegnate su questo fronte. Quello che è certo è che non funzionano più le modalità tradizionali di partecipazione e ingaggio. Serve una combinazione nuova di domanda e offerta politica, che le riavvicini e fornisca uno spettro all’interno del quale ciascuno possa trovare la propria migliore collocazione.
Serve però anche un modo nuovo di pensare ai contenuti sul fronte green. Il tema ambientale è quello che ha maggiori potenzialità di catturare l’attenzione dei giovani e fare intravedere la possibilità di un proprio impegno attivo che faccia la differenza nel migliorare il futuro collettivo. Affascina e stimola i coetanei di Greta Thunberg, ma via via che si cresce ci si confronta con le incertezze del lavoro e gli squilibri sociali, che diventano pressanti soprattutto per chi ha risorse socioculturali di partenza meno solide. E’ necessario quindi far leva su tale sensibilità spiccata ma aiutarla a trasformarsi in protagonismo consapevole e offrire spazio politico in cui sviluppare un ripensamento più in generale del modello sociale e di crescita. E questo significa integrare con l’ambiente soprattutto le sfide del cambiamento dei modi di produzione e consumo, dell’innovazione e inclusione sociale, dell’accesso equo e responsabile alle risorse naturali e culturali. Aiutare i giovani a diventare soggetti attivi nella costruzione del futuro è il miglior regalo che possiamo fare al presente.