La popolazione italiana non cresce più. Nel 2014 le nascite sono state 509 mila contro 597 mila decessi. Il saldo naturale risulta quindi fortemente negativo soprattutto come conseguenza del calo delle nascite. A questo si deve aggiungere il flusso di uscita degli italiani verso l’estero, aumentato continuamente negli ultimi anni fino a raggiungere le 90 mila unità. Dal lato imagesopposto c’è l’immigrazione straniera che però, anche a causa della crisi, si è ridimensionata sensibilmente: nel corso del 2014 ci sono state 255 mila entrate di cittadini di nazionalità estera a fronte però di 48 mila stranieri che hanno deciso di tornare nel loro paese di origine.
Quindi, di fatto, la riduzione delle nascite e le uscite verso l’estero sono a malapena compensate dagli arrivi di immigrati. La popolazione italiana si è di conseguenza fermata, ma solo in termini assoluti, perché al suo interno è invece in grande mutamento.
Le trasformazioni in atto sono di vario tipo. Riguardano la condizione dei giovani, i processi di formazione delle unioni di coppia, la morfologia familiare, la multietnicità, ma uno dei cambiamenti più importanti è la travolgente crescita della popolazione più matura.
Le persone tra i 55 e i 74 anni – vale a dire coloro che non sono più nella piena fase adulta (55-64) e non ancora nella piena fase anziana (65-74) – sono oggi circa 14 milioni e arriveranno a superare i 18 milioni nel 2030. In un paese fermo saranno la componente in assoluto più dinamica. Detto in altre parole, se l’Italia tornerà a crescere nei prossimi decenni dipenderà da quanto riusciremo a creare opportunità in tutte le fasi della vita, ma la spinta maggiore non potrà che venire dai senior. Una spinta non irruenta e impulsiva, come quella che da sempre caratterizza le nuove generazioni, ma gentile e riflessiva.
Non è solo una questione di quantità ma di combinazione tra forza dei numeri e qualità, ovvero del crescente potenziale che può esprimere chi arriva oggi in età matura rispetto al passato. I protagonisti di questo salto di qualità, come vari studi mostrano, sono soprattutto le generazioni nate nel secondo dopoguerra. Sono esse, più delle precedenti, ad arrivare al traguardo dei 60 anni ancora con molto fiato in corpo e con voglia di continuare a correre. Le condizioni di salute, le energie fisiche ed intellettuali, il capitale umano, le motivazioni a rimanere attivi, le competenze digitali, sono tutti fattori in netto incremento tra i senior. Tutto questo si combina positivamente con un modello di sviluppo che sempre meno guarderà al PIL (prodotto interno lordo) e sempre più al BES (benessere equo e sostenibile); orientato ad una crescita meno basata sulla quantità prodotta e più sulla qualità del fare e del vivere in relazione con gli altri (http://www.misuredelbenessere.it/), favorendo una cooperazione attiva tra le diverse generazioni.
Insomma, se l’Italia sarà un paese in cui staremo meglio o peggio nei prossimi decenni dipenderà in larga parte da come vivranno e cosa saranno in grado di fare questi 4 milioni di senior in più. La loro spinta gentile è l’arma in più per vincere la sfida del benessere futuro.